8,5×55 Blaser: FENOMENALE!

Negli scorsi mesi abbiamo goduto di un raro privilegio; raramente nella vita di un appassionato capita di poter provare in anteprima un nuovo calibro, ancor più raramente succede di godere della fiducia di un’azienda così blasonata come Mauser e di ricevere per primi due nuove carabine da mettere alla prova sul campo di caccia. E’ stata una esperienza unica per noi, quella che aspettavamo nei nostri sogni più proibiti, e ovviamente abbiamo lavorato parecchio per produrre i migliori risultati cercando, per quanto possibile in tre mesi, di provare armi e calibro in maniera intensiva in più campi.

Sentiamo spesso dire che i tempi d’oro della progettazione e sviluppo delle cartucce per uso venatorio sono ormai lontani, il mercato è pieno di ogni sorta di possibilità e sedicenti esperti affermano che tutto quello che poteva essere sperimentato e inventato è già stato esplorato nel secolo scorso, e poi ripreso e rielaborato più volte. Nulla di nuovo si può inventare, o almeno nulla di nuovo che possa determinare una rivoluzione di quanto fino ad oggi concepito. Vero o no, è sicuramente sotto gli occhi di tutti il profondo mutamento che il mondo venatorio sta attraversando negli ultimi anni. Da decenni ormai sta crescendo la necessità di promuovere la nostra immagine nei confronti dell’opinione pubblica, smontando le tesi di chi ci vorrebbe dipingere come dei sanguinari trogloditi assetati di sangue, senza perdere radici e tradizioni che orgogliosamente tramandiamo da secoli. La necessità di instaurare un codice etico, una disciplina legata all’ambiente (non all’ambientalismo da salotto) e alla fauna, la valorizzazione della cacciagione come alimento sano e privo di farmaci e conservanti e la creazione di una vera e propria filiera della selvaggina sono lo scheletro su cui si va costruendo la figura del cacciatore del terzo millennio, con un piede nel passato, le sue tradizioni e la sua sapienza, e l’altro nel presente con una giusta attenzione a regole, igiene, sicurezza e immagine. Molto facile a parole, molto impegnativo ed arduo da realizzare.

Se parlate di questa dinamica e necessaria trasformazione con un cacciatore attempato, quasi sicuramente vi squadrerà in modo austero, e sentirete chiaramente gli epiteti che va dispensando la sua mente; Ma è inevitabile e forse anche necessario non restare fermi su certe posizioni e anzi correre in avanti e proporre soluzioni adeguate prima che i soliti sedicenti esperti pongano problemi ridicoli costringendoci a rincorrere adeguamenti assurdi. In molti paesi europei, ad esempio, si è posta la necessità di impiegare soppressori di rumore nella attività venatoria, per evitare di arrecare fastidio ad altre specie animali o ai cittadini residenti nei dintorni. Se vi sembra una necessità marginale, provate a pensare che in molte aree sub urbane d’Europa è consentito il prelievo di prede e nocivi anche in piena notte con l’ausilio di visori termici. Può far sorridere noi italici appassionati, confinati all’angolo da leggi vecchie di quasi un secolo: i soppressori sono vietatissimi, tanto che trasformano la spingarda del nonno in una pericolosissima arma da guerra in meno di un minuto. L’utilizzo dei visori notturni è pressochè ininterpretabile: consentita in alcune forme di controllo, solo in presenza di guardie venatorie; in alcune regioni consentita per il controllo di specie dannose ma con limitazioni non sempre chiare. Tutto, come spesso accade, viene lasciato alla libera interpretazione da parte del controllore, che si troverà spesso ad agire sulla base di una personalissima interpretazione della legge locale o addirittura localissima. Una giungla di regole, regolette, figlia di una deregolamentazione che negli anni ha creato un caos difficile da redimere. In attesa di una auspicabile regolamentazione nazionale chiara ed intellegibile, i visori occupano una bella nicchia del mercato ma sicuramente non hanno ottenuto il successo che hanno conquistato su altri mercati. Al di là di quella che può essere la nostra situazione, il resto del continente ha imboccato una strada molto pragmatica ed efficiente: molti selvatici rappresentano un problema, danneggiano le colture, producono danni economici ormai poco sostenibili; le popolazioni di ungulati prive di controllo producono migliaia di incidenti stradali, con un costo sociale inaccettabile; al contempo patologie molto contagiose come la peste suina africana trovano un facile polmone di espansione e rischiano di contaminare allevamenti di bestiame, con un danno economico incalcolabile. C’è una crescente necessità di controllare la popolazione di ungulati, in modo semplice, molto efficace e di basso profilo. La notte e la sua tetra veste paiono dunque essere le alleate perfette del moderno cacciatore, chiamato a sbrogliare la matassa di problemi prodotti da cinghiali daini e caprioli.

La tendenza ormai stabilmente affermata è questa, sfruttare la tecnologia per vedere in piena notte, utilizzare soppressori per poter abbattere nocivi e specie non desiderate anche vicino a centri abitati o allevamenti di bestiame senza destare preoccupazione e allarmismo. Questa sfida pone nuove necessità, nuovi parametri e stabilisce un nuovo standard a cui uniformarsi.

M18 Waldjagd sulle nevi dell’altopiano.

Fateci caso, e ne rimarrete colpiti: osservate le ottiche da puntamento di ultima generazione: non troverete più ottiche lunghissime dalle campane simili a tromboni; vedrete ottiche compatte, piuttosto corte, con lughezza focale leggermente aumentata e campana standard. Perchè? applicare un visore Clip On di ultima generazione su di un cannocchiale di vecchia generazione, oltre che scomodo, rende pressochè impossibile operare sui comandi del visore senza spostarsi dalla posizione di tiro o osservazione. A che pro una campana enorme se tanto si può vedere benissimo anche dentro un’ottica da battuta? catturare le ultime spere di luce non è più così vitale..

Pronti per la caccia

Parimenti, provate a pensare cosa potrebbe significare avvitare un soppressore, da noi ovviamente vietato, su una canna da 65 centimetri di un calibro magnum; immaginate una canna di quasi un metro che tramuta la nostra carabina preferita in un archibugio rinascimentale, scomodo, lunghissimo, sbilanciato e utile solo a farci dannare. E come attutire il rumore prodotto da un pezzo di artiglieria del genere?? Serve una canna corta, un calibro idoneo a lavorare bene sia con cariche piene che con caricamenti ridotti o comunque sia concepiti per il tiro notturno. Il soppressore non è un silenziatore, non annulla il rumore, lo limita e lo disperde rendendolo meno invadente.. non servono cariche subsoniche e rumore azzerato, quelli sono parametri necessari ad altre attività che a noi non appartengono. Una canna da 50 centimetri con un soppressore ha una lunghezza totale prossima ai 60-65 centimetri, comodi e idonei alla bisogna. Va da se che abbiamo bisogno di un calibro in grado di bruciare tutta la polvere in poco tempo, producendo comunque una energia alla bocca sufficiente ad avere ragione di ogni ungulato europeo. Va riprogettato quasi tutto, le armi, le ottiche, il calibro impiegato. E non di meno vanno riconcepite cariche, proiettili e traiettorie. Stiamo assistendo alla nascita di nuovi caricamenti destinati a canne corte, dotati di proiettili atti a lavorare perfettamente nel nuovo contesto di impiego. Ne sono un valido esempio le cartucce della serie “Suppressor” di Norma, squisitamente concepite per questo compito e dannatamente efficaci. Ma ogni adattamento è sempre tale, un compromesso, una via di mezzo che fa abbastanza bene il proprio lavoro ma di sicuro non riesce ad eccellere. Un nuovo calibro, progettato per assolvere questo compito particolare ma ovviamente efficiente anche in altri contesti, una cartuccia completamente nuova e modernissima, questo è il punto di svolta. E’ un’evoluzione che richiede una completa revisione di tutto quello che conosciamo, un adeguamento alle mutate condizioni. Ciò non significa che dovremo rottamare le nostre amate carabine con canne lunghe, ne che i calibri oggi in uso e magari vecchi di un secolo siano destinati all’oblio. No… significa solo che si apre un nuovo scenario, una nuova forma di prelievo estremamente particolare che richiede delle speciali dotazioni. Non tutto, quindi, è già stato inventato e sperimentato. Nessuno un secolo fa poteva concepire l’utilizzo di visori notturni e soppressori di rumore nella caccia, nemmeno Jules Verne era corso così tanto in avanti.

La nostra M12 Trail in 8,5×55 Blaser.

Non capita tutti i giorni di poter lavorare su un impianto balistico del tutto nuovo, è il sogno di ogni appassionato di ricarica. Poter sperimentare su qualcosa di mai visto prima è pura libidine, vera esplorazione. Mesi fa iniziammo a raccogliere quel poco materiale che era disponibile, e la complessa ricerca delle componenti di ricarica. Se ai tempi dello sviluppo delle ricariche per il 7×66 Vom Hofe il reperimento dei bossoli era stato difficoltoso, riuscire a procurarsi i Dies e i bossoli di un calibro pressochè sconosciuto perchè nuovissimo è stato ancora peggio. Appena ci confermarono la possibilità di testare il neonato 8,5×55 ordinai gli unici Dies in misura standard disponibili. Particolarità pressochè unica, tutti i Dies in 8,5×55 hanno diametro di 1 1/4″-12, quindi a meno di avvitarlo direttamente sulla filettatura della pressa richiedeva una diversa soluzione. Dopo qualche ora sul Web ho scovato un Dies set della Lee con diametro 7/8″x 14, lo standard comune. Ho ordinato il Set ma il rivenditore, Reimer Johannsen, mi ha comunicato subito che ci sarebbe voluto del tempo. E ci sono voluti mesi, ma alla fine i Dies sono arrivati, pochi giorni prima che le Carabine ci fossero consegnate. Non essendo momentaneamente disponibili caricamenti commerciali abbiamo cominciato a cercare bossoli nuovi o usati. Compito arduo, dato che nessuno li aveva disponibili e nemmeno bossoli di primo sparo erano reperibili. Rischiavamo di vedere arrivare le armi senza poterle provare e portare a caccia, la peggiore delle disfatte. Ma nella necessità e nella mancanza, nessuno più di un italiano sa escogitare una soluzione… Abbiamo iniziato a studiare tutte le cartucce da cui si potessero ricavare bossoli per fire forming, e dopo qualche esperimento avevamo ottenuto qualche risultato incoraggiante partendo da bossoli in .300 WSM. Chiaramente il lavoro era lungo, improbo e molto noioso.

Quel che serve per iniziare..

Avevamo già in passato acquistato bossoli introvabili dalla ottima SHM,  Süddeutschen Hülsenmanufaktur, e tentare non costava nulla. Interpellati risposero di avere 1500 bossoli disponibili per la pronta consegna. Non ce ne servivano così tanti, e avevamo risolto il problema. In 3 giorni eravamo pronti a partire con le prove di ricarica. Avevamo scelto tre differenti palle per iniziare i test in poligono. Una classica in piombo, onesta ed economica: Speer Hot Cor da 200 grani destinata ad accompagnarmi in battuta e nel recupero di eventuali suidi feriti. Una Lead free di peso medio alto, la ottima Fox Classic da 185 grani, ed infine una massiccia Swift A-Frame da 225 grani, la palla più affidabile in assoluto quando si parla di Big Game. Non rimaneva che mettersi al computer ed elaborare su Quickload delle ricariche virtuali. Cosa tutt’altro che semplice giacchè su questo calibro, per ovvi motivi, non esiste bibliografia, non ci sono articoli, prove; sui forum è una chimera di cui molti parlano ma pochi conoscono. Ma in fondo questo è quello che cercavamo e con questo volevamo misurarci.

Primi bossoli innescati

Abbiamo iniziato con le Speer, quelle che ci servivano subito; elaborare una ricetta non è stato complesso, siamo stati cauti e abbiamo ottenuto subito un buon risultato. Il raggruppamento era buono, con una energia alla bocca di 4600 joule per poco più di 3700 bar avevamo ancora un enorme margine di miglioramento. La pressione massima di esercizio nominale è di ben 4300 bar, ma non era necessario spingere ulteriormente: l’energia è più che bastevole, il rilevamento molto ben gestibile e il rinculo decisamente inferiore a quello sviluppato dal buon 9,3×62. Tutto faceva ben sperare, anche se quel fuoco di vampa in stile Leopard alle grandi manovre era davvero inguardabile e stava lì a denunciare una combustione incompleta e quindi una minore efficienza. Senza modificare la dose di ricarica abbiamo montato inneschi Magnum con risultati strabilianti: rosata decisamente stretta, con i fori che si toccano, e traiettoria molto più tesa. L’odore dei residui di sparo e la totale assenza di vampa non facevano che confermare quanto ipotizzato. Sprecando appena una quindicina di cartucce eravamo già in possesso di una ricarica buona abbastanza da poter essere impiegata a caccia. Mancava solo il responso più importante, quello sul campo. Tutto faceva pensare che avremmo ottenuto ottimi feed back: il proiettile è un classico Soft Point con nucleo e mantello saldati; Per esperienza pregressa sapevamo che le Hot Cor sono propense a disperdere parte della propria massa nel tramite, e il basso valore di densità sezionale non faceva che aumentare le aspettative di un ottimo potere di arresto su prede di ogni peso. Vista la massa del proiettile tuttavia, non c’erano da aspettarsi problemi di penetrazione: 200 grani hanno la coda molto lunga e anche nei tiri angolati o su animali in rapido allontanamento non avremmo patito una mancata penetrazione in profondità. Al tempo stesso, la compattezza dell’arma e l’azione corta ci hanno da subito permesso un’ottima sintonia con e una rapida ripetizione del colpo. Infine, a caccia, tutte le nostre teorie hanno trovato conferma in abbattimenti rapidissimi, puliti, su animali grandi e piccoli. Anche piazzando il colpo in modo non perfetto il risultato è stato sempre il medesimo: una rapida dipartita. Per molti versi l’esperienza maturata con questo calibro ci ha ricordato molto da vicino quanto avevamo visto utilizzando il buon 8x68S. Qualche anno fa avevamo speso una stagione cacciando in battuta con una M03 camerata in questo potente purosangue teutonico, ottenendo risultati sbalorditivi; non ho mai visto abbattimenti più rapidi, brutali e senza appello. Animali di mole ragguardevole colpiti in cassa si erano spenti in pochi attimi, non prima di aver lacerato il silenzio del bosco con un urlo agghiacciante. Una ricarica creata ad hoc, prossima alle 4800 joule e sormontata dalla classica Alaska da 200 grani, aveva dimostrato di essere dannatamente potente e letale. Di contro, però, il peso dell’arma, la canna lunghissima e l’azione molto robusta imponevano diversi limiti. Era necessario anticipare le mosse del selvatico, consci che ripetere il colpo sarebbe stato quasi impossibile nonostante tutto. Già in quella stagione avevamo pensato che un calibro in grado di sviluppare quei valori di energia e velocità, ma in un impianto più compatto, agile e leggero, sarebbe stato perfetto per stabilire un nuovo standard.

Istintiva

Pareva poco realizzabile, ma dopo un paio di anni dobbiamo affermare che sbagliavamo di grosso: l’8,5×55 riesce a colmare questo vuoto con efficienza stabiliante. E’ in grado di produrre gli stessi identici risultati con un’arma più leggera, corta, agile; Come se non bastasse, a parità di peso le ogive in .338 presentano una densità sezionale più bassa, producendo abbattimenti davvero fulminei. Rispetto al sempreverde 9,3×62 ha un rinculo più garbato, minor rilevamento ed ovviamente una velocità di caricamento molto maggiore. Lungi dal voler spodestare questi attempati campioni, si pone esattamente nel mezzo: non deve colmare nessun vuoto tra i due, giacchè non ne esiste alcuno, ma certamente rappresenta un nuovo standard: se venisse camerato in un’arma semiautomatica farebbe probabilmente piazza pulita di molti concorrenti, perchè un calibro potente, con bossolo corto e capace di lavorare perfettamente in canne compatte ha tutti i requisiti per stabilire un nuovo standard anche in quel contesto.

Pronti per la caccia alla volpe.

Il cuore della progettazione, come sempre, è il bossolo. Osservando le quote non si può non notare una somiglianza con i calibri short magnum: le differenze sostanziali le troviamo nelle misure di colletto e spalla. I tecnici Blaser hanno sicuramente lavorato non poco per garantire che il corto bossolo potesse alloggiare polvere sufficiente a lanciare palle leggere e pesanti a velocità molto elevate. Le palle da 8,5mm, o .338 che dir si voglia, pongono difficoltà non comuni in un bossolo così corto. Oltre a garantire un rateo di combustione ottimale, il progettista deve in ogni modo tener conto della lunghezza delle ogive e della lunghezza massima di cartuccia: è una coperta corta che pone una sfida ulteriore. Se la palla è molto lunga, questa si troverà inevitabilmente ad occupare molto spazio all’interno del bossolo, limitando lo spazio disponibile per la polvere. La lunghezza massima di cartuccia è piuttosto limitata, 74,5 millimetri, non tanto dal valore di Freebore quanto dalle dimensioni dell’azione e del caricatore. Mai come in questo calibro la scelta del proiettile riveste una importanza tanto cruciale. Con buona probabilità i 230 grani rappresentano il peso massimo approntabile senza rinunciare alle prestazioni. Proiettili in grado di generare pressioni iniziali elevate, quali bonderizzati o monolitici, permettono di ottenere pressioni di esercizio ottimali, combustione completa anche in canne cortissime e ottime rese balistiche. Particolare attenzione, durante la ricarica, va posta al rateo di combustione, specialmente se è in previsione l’utilizzo durante la notte con visore infrarosso. Proiettili molto leggeri o con pressioni iniziali più basse come i classici soft point, sacrificheranno in parte le prestazioni del calibro in oggetto, o quantomeno non gli permetteranno di esprimersi in toto, non raggiungendo quasi mai la completa combustione delle polveri prima del vivo di volata. Questo perchè visto il rapporto tra volume interno del bossolo, lunghezza della palle e della cartuccia, avremo quasi sempre cariche prossime al regime di compressione o addirittura compresse. Le nostre prove si sono svolte utilizzando i proiettili per noi più interessanti. La ricarica non ci ha posto problematiche di sorta. La sempreverde RS60 si è dimostrata ancora una volta all’altezza, mentre gli inneschi magnum si sono rivelati sempre indispensabili per ottenere la miglior efficienza balistica. Consigliamo vivamente l’utilizzo di un imbuto con prolunga, imperativo per ottenere una stratificazione ottimale del generoso quantitativo di polvere: oltre a sfruttare perfettamente tutto il volume del bossolo, le evidenze suggeriscono che migliori sensibilmente la precisione della cartuccia , certamente andando ad influire sulla bontà della combustione.

Speer HotCor 200 Grani.

Abbiamo testato le classiche Speer HotCor da 200 grani nella caccia in battuta. Come sempre avviene con i prodotti Speer abbiamo riscontrato un elevatissimo rapporto qualità prezzo, poichè a fronte di un costo davvero basso, le prestazioni nei tiri corti e mal piazzati tipici della caccia in battuta sono quasi sempre state all’altezza delle aspettative.

Le HotCot hanno dato buona prova sul campo.

Tutti i capi attinti si sono accasciati sul posto anche quando il piazzamento non era sublime. La cessione di energia è stata sempre brutale, massiva, i danni interni molto estesi ma abbastanza rispettosi della spoglia. Non abbiamo recuperato mai nemmeno una parte del proiettile ma dalla natura e vastità dei danni interni è presumibile una parziale frammentazione delle Speer durante il passagio intra corpore. In termini di balistica terminale abbiamo assistito a risultati molto simili, se non sovrapponibili, a quelli eclatanti del buon 8x68S, ma utilizzando una canna di 20 cm più corta, un’azione molto breve e un’arma di una compattezza e istintività proverbiali. Poter duplicare prestazioni del genere su una piattaforma così leggera e performante ha dell’incredibile: raggiunge i 4800 Joule senza alcun problema, contando su un proiettile molto affidabile e dotato di densità sezionale addirittura migliore (.250) di quelli di pari peso da 8mm. La precisione ottenuta è stata davvero soddisfacente; durante lo sviluppo della ricarica ci siamo assestati su valori notevolmente inferiori a quelli massimi ottenibili: vista le peculiare destinazione dell’arma a disposizione (recupero di ungulati feriti) e la leggerezza della stessa, le prestazioni richieste non erano estreme, abbiamo cercato ed ottenuto un compromesso tra comfort, energia, precisione e sicurezza di impiego. I risultati sono stati entusiasmanti fin da subito.

La prima rosata in assoluto.

La stagione venatoria non ha regalato grandi soddisfazioni: l’estate torrida ha lasciato malvolentieri il posto ad un autunno asciutto e polveroso; solo nella parte finale le copiose piogge hanno permesso una più facile tracciatura dei branchi di cinghiali e la ricomparsa di un cospicuo numero di esemplari sulle colline. Il primo cinghiale che abbiamo abbattuto è stato un esemplare di una sessantina di chili ferito dalla posta adiacente e intento a svignarsela alla chetichella. Dopo essere stato attinto da un proiettile alla spalla, di punta, aveva superato la linea delle poste imboccando un trottoio scosceso che scendeva verso un fosso. Atteso che si portasse dentro il giusto angolo di tiro siamo stati costretti a colpire l’unica porzione visibile, le terga. Un tiro non felice che di solito non ottiene brillanti risultati. L’animale, pur colpito mortalmente, era ancora in grado di allontanarsi, un classico scenario che porta alla perdita di un capo a meno di avere un cane da sangue. Attinto in un prosciutto, il cinghiale è crollato al suolo senza emettere un gemito. Durante la dissezione abbiamo constatato come il primo colpo, sparato da un .308 Winchester, avesse interessato un polmone, con esiti di certo letali ma senza ancorare al suolo la preda. La Speer da 200 grani, invece, era penetrata nel muscolo della coscia, aveva frantumato il femore ed era infine penetrata nell’addome producendo un vero sfacelo. Il foro di uscita era uno squarcio profondo e slabbrato, dal quale buona parte delle viscere fuoriusciva fumante. Non quel che si dice un “meat saver”, ma di sicuro un vero stopper. Avremmo preferito che il primo colpo toccasse ad un bel verro solengo uscito quatto quatto dal folto senza cani alle calcagna e, magari, fermatosi sul limitare del bosco per ascoltare ed annusare il vento. Ma come sempre avviene in questa caccia, le cose accadono precipitosamente e mai seguendo il copione che avevamo immaginato. Dopo pochi giorni, invece, è stata la volta di una discreta scrofa, anche questa prossima ai 60 kg, presa in corsa ad una distanza di circa 50 metri. Era una grigia giornata novembrina ed era in corso la battuta più bella dell’anno, nella zona meno frequentata e che rappresenta il polmone del nostro distretto, dovei cinghiali sono sempre presenti in gran numero tutto l’anno, lontani dal disturbo umano e dai terreni agricoli. Dopo varie canizze, tutte molto lontane e poco convinte, finalmente una torma di segugi comincia a spingere un piccolo branco di animali verso la linea di poste. D’improvviso vediamo due animali correre lungo un trottoio, lontani un centinaio di metri dentro il bosco; arrivano al galoppo e abbiamo appena il tempo di incannare il secondo e lasciare partire il colpo. Fulmineo il cinghiale crolla a terra, urlando e grugnendo. In una frazione di secondo riarmiamo e abbiamo in mira l’altro animale; avremmo forse il tempo di lasciare andare un secondo colpo ma è ormai pressochè di fronte alla posta adiacente; esitiamo un istante e l’express del nostro vicino crepita due volte.

Una buona cacciata.

E’ stata una buona cacciata, divertente, pulita, con gli animali che venivano alle poste senza essere forzati dai cani ma sospinti da molto lontano; Raggiunto infine il cinghiale abbiamo potuto osservare il risultato prodotto. La Speer aveva raggiunto il selvatico sulla spalla, frantumando l’omero e penetrando nella cassa toracica. Il foro di egresso era piuttosto generoso e lasciava poco spazio all’immaginazione. Il proiettile aveva perso molta della propria massa seminando proiettili secondari e determinando una morte fulminea del selvatico. Quello che avevamo per anni osservato utilizzando le HotCor da 270 grani in 9,3×62, pareva riproporsi senza cambiamenti anche in .338. Non fanno prigionieri questi proiettili, e tutto sommato sono quanto di meglio sia possibile chiedere in una tipologia di caccia che pretende un potere di arresto eclatante. L’unico difetto che la nostra ricarica ha evidenziato è legata alla lunghezza di cartuccia. Abbiamo utilizzato 74,5 millimetri perchè risultava essere il miglior compromesso possibile. Nel corso del tempo abbiamo avuto modo di sperimentare come una cartuccia di mezzo millimetro più corta avrebbe evitato di rovinare la parte apicale del proiettile, spesso sottoposta a piccole deformazioni a causa della eccessiva lunghezza rispetto al caricatore. La precisione prodotta, tuttavia, ci aveva scoraggiato dal cambiare qualsiasi cosa. Durante il corso della stagione abbiamo collezionato un paio di padelle, una veramente indecorosa e pacchiana. Eravamo in una posta d’angolo, una di quelle in cui vanno solitamente a passare gli esemplari più grossi e furbi. Nello specifico ci trovavamo in posizione elevata sopra una strada di bosco dismessa, di fronte un trottoio buio con un angolo di tiro molto molto stretto. Avevamo quindi un’unica possibilità di colpire il cinghiale mentre abbandonava la sicurezza del folto per attraversare la carraia. Nonostante l’istintività della Trail, una scrofa corpulenta è riuscita a beffarci: arrivata con passo felpato e senza cani a pressarla, è riuscita a passare la strada con un unico balzo, senza che gli zoccoli lasciassero mai il morbido fango del bosco. Colti alla sprovvista abbiamo azzardato un tiro di impugnatura, quasi fossimo a colombi, senza cogliere il successo. Presi dallo sconforto che segue ogni bruciante padella abbiamo verificato scrupolosamente che la saggia fattrice non fosse rimasta ferita, ma nè noi nè il fiuto di Otto sono riusciti a scovare alcuna traccia di sangue.

Nell’ultimo giorno di caccia, quando ormai le speranze stavano scemando, un bel verro corpulento ci ha permesso di godere del miglior abbattimento della stagione. La fortuna ci aveva regalato una posta aperta e su posizione rialzata da cui era possibile trarre ogni vantaggio sul cinghiale. Di fronte un bosco tagliato da 4 anni e ormai in piena ricrescita, adornato da fitte ceppaie di corbezzoli e scope che proseguivano ben oltre il limine del bosco, nella radura. Dopo aver seminato i cani un paio di volte il verro, sui 90 chili di peso, era emerso dal riparo del folto a passo di trotto deciso, finendo per arrestarsi un istante, ormai allo scoperto. Il refolo di vento che lieve spirava dalle nostre spalle non portava solo odore di sottobosco alle sue ispide narici, e il furbo setolone stava per schizzare come un fulmine verso il fitto; quell’esitazione tuttavia ci aveva dato il tempo di mirare alla spalla , scegliendo il momento perfetto per lasciare che il colpo partisse. Cosa quantomai rara in questo tipo di caccia che si nutre di tiri brucianti e rabbiosi, eravamo riusciti a goderci la vista della preda immobile a distanza perfetta, riuscendo perfino a distinguere distintamente lo scoppio dello sparo dallo schiocco devastante dell’impatto della palla sul selvatico. Abbattimento pulito, immediato e di estrema soddisfazione. O quasi… dopo qualche secondo di esitazione il setolone si era rialzato, tentando a fatica di proseguire lungo il trottoio alla volta del bosco vecchio alle nostre spalle. Un secondo colpo al collo, questa volta mirato con calma, aveva sbattuto pesantemente il cinghiale a terra. Lungi dall’arrendersi, il verro aveva trovato le energie per rimettersi sulle zampe e fare ancora qualche passo. Increduli e allarmati per l’imminente arrivo dei cani, esplodere altri due colpi sulla sagoma adesso parzialmente coperta da rovi era stato istintivo; Uno dei due colpi aveva attinto una zampa, ma nel frattempo l’emorragia interna aveva posto fine all’agonia. L’azione di caccia, durata una decina di secondi, ci aveva lasciato l’amaro in bocca. Se da una parte eravamo compiaciuti per il bel tiro e per la velocità con cui eravamo riusciti a piazzare il secondo, dall’altra destava sgomento la reazione dell’animale;

Grandiosa conclusione di stagione.

Come era potuto succedere che si rialzasse dopo un colpo in piena spalla? e dopo un secondo al collo? Il sospetto di aver oltrepassato il segno e di aver portato le fragili Speer oltre il limite cominciava a crescere. Tantopiù che una volta sulla spoglia era stato possibile trovare il primo foro di ingresso sulla spalla sinistra e il secondo alla base del collo, verso la spalla. Un unico foro di egresso, di dimensioni ridotte, era presente sull’emicostato destro molto indietro. Durante la macellazione la verità è venuta prepotentemente a galla. Il primo proiettile aveva attinto la spalla sinistra, ma con una angolazione tale da spezzare l’omero sopra il gomito e penetrare nel costato producendovi un foro di ingresso largo come una moneta da 2 Euro. In qualche modo il proiettile aveva proseguito la sua corsa fuoriuscendo dal fianco destro dopo aver frantumato due costole. I danni interni erano devastanti, polmoni, stomaco e fegato erano ridotti a poltiglia sanguinolenta. Dall’estensione dell’ematoma risultava evidente che il proiettile avesse dissipato praticamente tutta la sua massa nel tramite, seminando una miriade di proiettili secondari responsabili dei danni ai tessuti. Dalle ridotte dimensioni del foro di egresso è presumibile pensare che la massa residua fosse modesta e che probabilmente mantello e nucleo si fossero separati. Il secondo proiettile, quello che ha interessato la zona tra spalla e collo, si è letteralmente disintegrato nella cassa toracica. Non c’era foro di uscita e dall’angolazione pare verosimile che abbia colpito lo stomaco, pieno di cibo indigesto, fermando lì la propria corsa. Un’azione dunque soddisfacente, un’ottimo banco di prova per il binomio Calibro e Arma, ma le Hot Cor da 200 grani hanno dimostrato in questo caso tutti i loro limiti.

Weidmannsheil!

Pare abbastanza evidente che queste oneste ogive siano più indicate per animali di peso o vitalità inferiori a quelle del grosso verro da noi incontrato. Non ce la sentiamo di esprimere un giudizio negativo, poichè il primo colpo ha prodotto un danno esteso e di sicuro mortale, che avrebbe avuto ragione dell’animale, comunque, entro un minuto. E’ pur vero che se vogliamo che il proiettile lavori bene su animali leggeri, questo deve cedere energia anche su strutture meno robuste, mentre su animali più corpulenti c’è da augurarsi sempre una adeguata penetrazione. Ad oggi i proiettili leggeri disponibili in .338, non sono assolutamente progettati tenendo a mente le esigenze della caccia in battuta: sono pressochè tutti di produzione statunitense, paese in cui tale forma di caccia non viene praticata. Proiettili semiblindati di struttura classica hanno pesi più elevati, 215 0 225 grani, e forse potrebbero essere una valida alternativa. Norma dovrebbe a breve produrre nuove munizioni con l’ottima Alaska nella inedita versione in .338 da 210 grani, forte di 4800 joule: probabilmente quanto di meglio si possa chiedere. Ho sempre nutrito enorme fiducia in questi proiettili, specie se di peso idoneo.

Ci siamo dedicati anche a qualche recupero, soprattutto nella parte più fresca e piovosa della stagione, quella che ha visto un maggior numero di capi feriti. Abbiamo avuto successo solo in due occasioni, recuperando però capi già morti per dissanguamento. Amaramente constatiamo che i lupi, di notte, svolgono un egregio servizio di recupero capi feriti, lasciando solo brandelli di pelliccia e qualche osso ben ripulito. Gli anni scorsi non erano così efficienti. Ho il sospetto che, da profondi conoscitori del bosco, abbiano iniziato a seguire da lontano l’andamento delle battute di caccia, aspettando la nostra partenza per avviare una precisa opera di ricerca. Sono predatori e opportunisti, e risalire le tracce di un animale ferito è sicuramente più produttivo che cacciare. Un pasto pronto e ancora caldo fa gola a tutti.

I dati di ricarica sono forniti senza alcuna responsabilità.

Fox Bullet 185 Grani.

Non è assolutamente un segreto che i proiettili monolitici non siano i nostri preferiti. Non si tratta di un preconcetto, ne tantomeno di sfiducia nel progresso; nelle forme di caccia che prediligiamo, allo stato attuale, un buon proiettile in piombo o in alcuni casi un bonderizzato, sono quanto di meglio si possa trovare. Nella caccia di selezione, tuttavia, i proiettili lead free trovano facilmente una loro collocazione. Producono di norma una buona balistica esterna, e su colpi meditati e piazzati a dovere generano abbattimenti puliti ed estremamente rispettosi della spoglia.

Le Fox producono una ottima rosata.

Tra i proiettili atossici da noi provati nel tempo, sicuramente apprezziamo gli ottimi Fox Bullet; hanno dei pregi assolutamente notevoli: producono sempre ottime rosate, non generano mai sovrapressioni pericolose, non impegnano troppo le rigature e infine sono capaci di ottimi abbattimenti anche con velocità residue piuttosto basse. Non amiamo utilizzare proiettili senza piombo nella caccia in battuta, ma per la selezione a capriolo e daino li abbiamo trovati ottimi; Per elaborare la ricarica siamo partiti dall’esperienza maturata con le Speer Hot Cor. Abbiamo da subito ridotto la lunghezza di cartuccia a 74 mm, nonostante le Fox abbiamo un gradevole puntalino arrotondato nella parte apicale. Come nel precedente esperimento abbiamo utilizzato la sempre più gradita RS60, ottenendo un risultato eccezionale. Come sempre avviene con le monolitiche, qualunque sia il metallo di cui sono fatte, la pressione iniziale è superiore a quella prodotta da classiche palle in piombo semiblindate; Nel nostro caso specifico, badate bene, è un fattore molto importante . Qualora tentassimo di caricare un proiettile cosi leggero in piombo, saremmo costretti ad utilizzare polveri abbastanza vivaci sacrificando energia e velocità. La Fox da 185 grani, invece, pare davvero essere la palla perfetta per questa brillante cartuccia. La nostra ricarica rasenta le proporzioni ideali: Il filling è prossimo al 90%, e usando un drop tube si ottiene una sedimentazione ottimale della polvere: la palla sfiora la polvere senza toccarla. La combustione della polvere è totale, ben prima che la palla abbandoni il vivo di volata; la conseguenza principale è che lo sparo non produce alcun flash, per cui è possibile osservare facilmente la reazione dell’animale al colpo anche con pochissima luce, al tramonto, o meglio ancora in piena notte qualora usassimo un visore infrarosso. Abbiamo curato molto la velocità del proiettile, cercando di ottenere un tempo di canna perfetto per restare sul nodo. La pressione di esercizio è abbondantemente al di sotto dei valori massimi e ottiene comunque un’energia alla bocca di tutto rispetto. La rosata prodotta dalla nostra ricarica è davvero soddisfacente. Utilizzando un sacchetto di sabbia per appoggio e un’ottica da battuta, a 100 metri i tre fori si toccano. Un risultato eccellente che ci mette nelle condizioni di utilizzare questa ricarica per insidiare il capriolo in inverno senza modificare il setup della nostra Trail, sfruttando due appostamenti nei quali il tiro difficilmente arriva ai 180 metri. In una fredda mattina di gennaio, poco dopo l’alba, abbiamo avuto il battesimo del fuoco di questa promettente cartuccia; Dal nostro appostamento abbiamo abbattuto una femmina di capriolo ad una distanza di circa 150 metri.

Weidmannsheil

Uscita dal bosco per attraversare la fascia di terreno aperto, si è accasciata a terra appena colpita dal proiettile per poi rialzarsi e percorrere qualche metro. Con nostro parziale disappunto non avevamo ottenuto un abbattimento fulmineo; con grande trepidazione invece Otto, il nostro fedele Jagd Terrier, aveva percorso alla lunga la traccia calda raggiungendo la preda morente. L’abbattimento parzialmente ritardato, ad una analisi oggettiva, è da imputarsi ad un non perfetto piazzamento del colpo unitamente alla natura abbastanza coriacea del proiettile. Un fedelissimo collaboratore peloso, in questi casi, è davvero insostituibile.

“Fai vedere a me… che tu ancora stai dormendo”

Per completezza abbiamo ottimizzato la ricarica per la M18 Wald Jagd, l’altra arma in 8,5×55 che abbiamo avuto il piacere di provare in questa stagione venatoria. La messa a punto di questa arma, arrivata qualche settimana dopo la M12 Trail, ha richiesto qualche giorno in più, per cui abbiamo raggiunto la perfetta efficienza solo quando sull’Altipiano di Asiago era rimasta aperta solo la caccia alla volpe. Grazie alla estrema precisione delle cartucce elaborate è stato possibile abbatterne diversi esemplari sfruttando sapientemente l’orografia del territorio e il clima invernale. Abbiamo avuto inoltre modo di testare approfonditamente questa ricarica utilizzando un visore notturno Clip On Liemke, e i risultati sul campo hanno confermato quello che a tavolino avevamo solo ipotizzato: la combustione perfetta concede una visione del bersaglio ottimale, il rinculo pastoso e gestibile permette una ripetibilità del colpo fin troppo fluida, il raggruppamento dei colpi si mantiene costante. Vista la bontà raggiunta, ci sembra cosa gradita condividere con i nostri lettori la nostra ricetta, ribadendo che è stata ottimizzata per la corta canna della M18 Wald Jagd e che potrebbe non produrre la medesima accuratezza in canne di lunghezza diversa.

I dati di ricarica sono forniti senza alcuna responsabilità.

Swift A Frame 225 grani.

Lo ammettiamo candidamente, queste bellissime e infallibili palle sono qualcosa di estremamente eccessivo per il continente europeo. A meno di incappare in un cervo di dimensioni danubiane o in un orso veramente grosso, un buon proiettile soft point da 225 grani, o al limite un bonderizzato di pari peso, sono più che sufficienti per porre fine a qualsiasi diatriba; non esiste animale nel vecchio continente in grado di sopravvivere se colpito da un proiettile di questo peso con i livelli di energia che siamo stati capaci di ottenere.

Swift A Frame, 225 grani.

Ciononostante, come avete ormai imparato seguendoci, non sappiamo resistere al fascino esercitato dalle A Frame, le utilizziamo da anni e abbiamo avuto sempre solo soddisfazioni. Quando siano richieste penetrazione e ritenzione di peso, pochi proiettili riescono a tenere testa alle coriacee Swift. Come più volte esposto, hanno una peculiarità che le rende uniche: sono proiettili a doppio nucleo, sia il nucleo anteriore, più morbido, che quello posteriore, più duro, sono fortemente saldati allo spesso mantello in rame. Il nucleo anteriore tende a deformarsi dopo l’impatto anche a velocità moderate cedendo energia ed assicurando un danno esteso e costante; il nucleo posteriore assicura la penetrazione più profonda, ma a differenza delle altre doppio nucleo disponibili è capace di deformarsi qualora sottoposto a impatti devastanti, senza perdere massa, senza deviare dalla traiettoria originaria e amplificando il danno ai tessuti. Anni fa elaborammo una potente ricarica nell’8x68S, utilizzando le A Frame da 220 grani. Per diletto e curiosità le provammo per un paio di stagioni. A dispetto di quello che avevamo ipotizzato, erano risultate davvero ottime sia su animali molto leggeri che su animali di mole elevata. Sui caprioli era dannatamente rispettosa della spoglia, mentre su cinghiali di oltre un quintale era una sentenza senza appello. Ovviamente era una cartuccia oltremodo esuberante per i nostri teatri di caccia, buona a farsi venire un gran mal di testa ad ogni sessione in poligono. Le avevamo impiegate volentieri anche nel buon 8x57JS e 8x57JRS, e per estensione avevamo proseguito provandole nella declinazione dei 9,3mm scoprendo quanto riescano ad essere precise e letali in un ampio range di velocità. Non potevamo non provarle in .338, soprattutto pensando a quanto potrebbe essere efficace su prede africane e nord americane. Tenendo sempre a mente le considerazioni fatte sul volume interno del bossolo e sui limiti da esso imposti, le A Frame parevano essere, sulla carta, le migliori candidate per ottenere una cartuccia perfetta per prede di grandi dimensioni. Il software Quick Load, nostro grande alleato, assegna a queste ogive una pressione iniziale molto elevata, ben più elevata di monolitiche e FMJ. Il perchè è presto detto: hanno struttura robustissima, un mantello molto spesso e di fattura eccezionale. La loro forma tozza impegna tenacemente le rigature e non è mai consigliabile portare agli estremi la ricarica, pena la perdita di precisione e un inutile stress per arma e tiratore. Nel nostro caso, però, questo aspetto non è assolutamente uno svantaggio: La ricetta elaborata, infatti, raggiunge un filling ottimale, senza che la palla vada a toccare la polvere.

Che giornata!

La combustione è totale, ben prima che la palla giunga al vivo di volata, sviluppa un’ottima precisione con livelli di energia ragguardevoli e capaci di aver ragione di animali grossi e coriacei. Abbiamo testato la nostra ricetta sia utilizzando inneschi normali che Magnum. Ci aspettavamo che gli inneschi standard fossero insufficienti e producessero rosate più larghe, e così è stato. Abbiamo cercato di ottenere il massimo dell’accuratezza e costanza, per cui anche se disponevamo di una canna davvero corta abbiamo cercato il nodo pur rinunciando a qualche metro secondo. La rosata, come atteso, è stata veramente buona.

Speriamo di riuscire a provare sul campo la bontà di questa cartuccia nella prossima stagione venatoria, magari su un bel maschio di cervo in bramito. Sarebbe probabilmente il miglior banco di prova possibile.

SAX MJG 8,44GRAMMI

Per quello che abbiamo avuto modo di vedere in un breve periodo questo impianto balistico è estremamente potente, intrinsecamente preciso, prestante e moderno. I tempi ristretti non ci hanno permesso di provare le palle che più ci intrigavano, le leggerissime Sax da 130 grani che promettono traiettorie tese e velocità siderali. La polvere ideale per questa ricarica è stata introvabile per lungo tempo, e quando finalmente era disponibile le temperature erano ormai prossime a quelle della savana africana: non è un buon modo di testare una cartuccia del tutto nuova con una palla a noi sconosciuta.

Il prossimo test è già in programmazione.

Quando finalmente le temperature sono ridiscese a livelli ideali, eravamo pronti da tempo e pieni di aspettative. La prova in poligono è stata di grande soddisfazione. Avevamo cambiato la configurazione della M12 Trail, passando al Punto Rosso Minox RV1. Sebbene avessimo ottenuto ottima precisione in passato, non avevamo idea di quale precisione ci potessimo aspettare da questo piccolo Red Dot. La prova sul campo ha dimostrato quanto buona fosse la nostra cartuccia: il rinculo modesto, l’ottima ergonomia dell’arma, la nitidezza delle lenti, tutto concorre ad ottenere un ottimo risultatao.

OTTIMO RAGGRUPPAMENTO.

6 colpi sparati in rapida successione a 100 metri hanno prodotto una rosata eccellente, degna di un cannocchiale a medi ingrandimenti. Abbiamo usato un classico sacchetto di sabbia come appoggio, e francamente non sentiamo la necessità di un supporto migliore su un’arma così compatta.

Dati di ricarica senza responsabilità

La polvere Norma 202 è stata la nostra scelta, l’unica in grado di bruciare quasi completamente in una canna di 47 centimetri ottenendo una velocità di tutto rispetto ed energie non comuni. Gli inneschi utilizzati sono Large Rifle Magnum, utili ad ottimizzare la combustione. Sfortunatamente la stagione della caccia al capriolo è ormai chiusa, e dovremo attendere Gennaio per testare questa palla su prede leggere e sfuggenti. Per recuperare cinghiali feriti nel fitto della macchia, la nostra fiducia continua a cadere su palle pesanti e panciute, pesanti e molto morbide.

CONCLUSIONI.

Al momento stiamo testando il buon 8,5×55 nel contenimento danni con l’ausilio di un visore Liemke che permetterà di esplorare le pieghe della notte e mettere alla prova le nostre abilità. Quello che possiamo asserire, allo stato attuale, è che questo ottimo calibro rappresenta una novità assoluta, di una flessibilità impressionante e dalla straordinaria efficienza balistica.

Sicut Noctis Silentis

Il contesto venatorio per il quale è stato concepito è qualcosa di nuovo, dinamico, in continua evoluzione, le novità sono in costante perfezionamento: oltre ai soppressori e ai visori, le più moderne carabine dotate di canna soppressa (evoluzione epocale destinata ad avere un successo enorme) saranno in grado di sfruttare al meglio le enormi potenzialità del 8,5×55. Siamo solo all’inizio.

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