9,3X64 Brenneke. Pugno d’acciaio in guanto di velluto

Sviluppando una buona ricetta.

Scrivere di questo calibro è impresa ardua, essendo ormai quasi scomparso. E’ stato per decenni la risposta europea al dilagare presuntuoso del .375 Holland&Holland, culmine della carriera di quel pioniere geniale che fu Wilhelm Brenneke. Già, perchè se il buon 7×64 aveva dato gloria eterna al buon Wilhelm, e l’8×64 lo aveva portato ad un passo dal rimpiazzare il valido 8x57JS d’ordinanza, il suo figliolo prediletto, cullato e allevato con amore, fu proprio il 9,3×64, il più potente, avvenieristico e performante tra i calibri europei, concepito e progettato per la Grande e la Grandissima selvaggina. Il dilagare dei calibri inglesi, dedicati esclusivamente al Big Game Hunting, aveva ormai travolto il continente nero: da oltre un secolo e mezzo chiunque volesse insidiare Bufali, Elefanti, Rinoceronti doveva ricorrere ad armi e cartucce dai costi molto elevati, dalla reperibilità non sempre eccelsa, e dalle prestazioni balistiche non sempre esaltanti. Se da una parte gli ottimi Express britannici avevano una reputazione inattaccabile, dall’altra le carabine ad otturatore non disponevano di potenza, precisione e prestazioni che potessero competere con i calibri lenti e molto pesanti degli express. Le temperature elevate e le condizioni estreme di utilizzo, spesso portavano gli impianti balistici ben oltre i limiti progettuali, con risultati a volte disastrosi per il tiratore. Il cavallo da lavoro del colono inglese era, manco a dirlo, il buon Enfield in .303 british. Tutti erano stati addestrati ad usarlo durante il lungo servizio militare, ed essendo preciso ed affidabile, ogni contadino, allevatore e cacciatore era in grado di piazzare facilmente più colpi in un bersaglio enorme come un Bufalo Cafro. Il problema principale erano i proiettili: le pesanti ogive militari Full Metal Jacket erano si in grado di penetrare le enormi masse corporee dei raziatori di raccolti africani, ma le ferite prodotte e la poca energia ceduta non garantivano abbattimenti rapidi; Di contro i pesanti proiettili soft point finivano inevitabilmente per produrre ferite superficiali, poco invalidanti ma ottime per riempire di furia omicida il corpulento invasore di raccolti. Non è mai un’idea buona ferire un animale grande come un Camion e attendere la sua furente reazione pressochè inermi. C’era la necessità di un cambiamento radicale, un’arma che coniugasse potenza, precisione, e balistica terminale in modo ottimale, garantendo abbattimenti rapidi su prede gigantesche e pericolose.

Wilhelm Brenneke.

Da qualche anno esistevano validi impianti, come il .404 Jeffery, a costi elevati ben lonatni dalle disponibilità di molti coloni e allevatori. Il .375H&H fu solo parzialmente la risposta a tale richiesta. Solo armi costose cameravano questa cartuccia: erano bellissime, ricercate, con azioni magnum pesanti e molto molto lunghe. Ma il vero problema continuavano ad essere i proiettili. Strano per i cacciatori odierni, che possono disporre di palle Solid e Bonded in grado di garantire penetrazione e cessione di energia incredibili anche con calibri normali. Ma le ogive del tempo erano davvero fragili per le velocità tipiche del mostruoso .375. I proiettili soft point, pur essendo pesanti, faticavano a garantire prestazioni soddisfacenti, specie nelle brevi distanze. Mentre le ogive blindate tendevano inesorabilmente a schiacciarsi, torcendosi, producendo uccisioni non sempre pulite. Era di sicuro quanto di meglio si potesse desiderare all’epoca, ma c’era un grande spazio di manovra per migliorare. I cacciatori e gli allevatori delle colonie tedesche e francesi avevano notato con gioia quanto fosse efficiente il più mite 9,3×62. Le velocità meno esasperate generavano meno stress sulle ogive, che avevano modo di penetrare, rilasciare energia sufficiente ad invalidare la preda, creando una cavità permanente che portava velocemente al dissanguamento. Le ogive blindate, complice peso elevato e densità sezionale ottimamente bilanciata, garantivano buona penetrazione a fronte di un rinculo molto ben gestibile, il tutto con un’azione corta e facile da ricaricare anche sotto forte stress, e la garanzia totale di una perfetta estrazione del bossolo esausto. Cosa che non sempre avveniva nel costoso calibro britannico, perchè se è vero che la cintura di rinforzo era stata concepita per evitare incollamenti del bossolo e garantire un più facile centraggio (facilitando non poco il lavoro degli armieri), la britannica cordite aveva più volte manifestato i suoi limiti nei caldi climi africani, mentre le cartucce tedesche, specialmente le DWM, potendo contare su polveri decisamente più moderne, offrivano prestazioni migliori.

Chimica e metallurgia, ormai lo sappiamo, sono appannaggio dell’industria tedesca da secoli. Il buon calibro di Otto Bock conquistò presto una certa fama, e fu di certo di ispirazione per il genio Brenneke. Questi progettò un nuovo calibro, partendo da zero. Convinto della bontà della misura aurea di 9,3mm, disegnò da zero il bossolo. Capiente, panciuto, con angolo di spalla garbato e colletto di lunghezza adeguata ad accogliere una lunga palla pesante, con pareti spesse e resistenti in grado di sopportare senza problemi 4400 bar di pressione. Lungo 64 mm, come tutte le creature di Brenneke, entra perfettamente nel caricatore standard di un K98. L’azione Mauser 98 è perfettamente in grado di gestire questa cartuccia, camerare, sparare, espellere il bossolo. Ancora una volta, la progettazione di un nuovo rivoluzionario impianto balistico, tiene conto di quello che era lo standard agreement dell’industria armiera tedesca, sfruttando le risorse disponibili per contenere i costi, ottimizzare la produzione industriale e permettere la riconversione di armi esistenti a prezzi sostenibili. Mentre l’industria britannica progettava armi destinate a ricchi possidenti e nobili altezzosi (spesso costretti a ricorrere al lavoro dei fratelli Mauser), i geniali tedeschi sfruttavano la meccanica Mauser in tutti i modi, portandola ai limiti di flessibilità e affidabilità, riuscendo nella incredibile impresa di progettare decine di calibri diversi tutti impiegabili nella medesima validissima Azione.

In poligono.

La punta di diamante di tutta la produzione dell’epoca è proprio il 9,3×64. Capace di sfiorare i 6000 joule, veniva solitamente camerato in armi pesanti, ben costruite, con canne lunghe almeno 65 cm, atte a garantire la perfetta combustione della generosa dose di polvere. Era il 1927, il mondo venatorio europeo accolse la nascita di questa notevole creatura destinata a conquistare il continente africano. Confessatelo… vi sembra un risultato notevole, che trasuda genio da ogni poro. Ma siamo solo a metà dell’opera. Brenneke, come sempre, spostò più in alto il limite. Oltre ad essere un brillante progettista di armi e calibri, era il più avvenieristico designer di proiettili dell’epoca. Alcune sue intuizioni sono state la base progettuale da cui sono partiti molti altri. Le sue creature, ad oltre un secolo di distanza, sono saldamente presenti sul mercato e continuano a mietere vittime su tutti i campi di caccia, dalle equatore ai poli.

Brenneke comprese che non bastava creare una cartuccia che sulla carta fosse potente, precisa e affidabile. La pratica aveva già mostrato che disporre di molta energia era solo una parte della soluzione, questa energia andava veicolata, e dispersa, nel modo corretto. Era necessario concepire e creare una ogiva che garantisse penetrazione, cessioni di energia e precisione, in grado di gestire le alte velocità del calibro in modo superbo producendo effetti terminali mai visti prima. Con queste precise idee, dette alla luce la incredibile TUG, acronimo di Torpedo Universal Geschosse. Un tripudio di ingegneria, metallurgia e balistica. Questo proiettile è il cuore pulsante dell’impianto balistico, giacchè da ormai un secolo è l’unico offerto senza soluzione di continuità dall’industria.

TUG da epoche diverse..

Brenneke e RWS si sono sostanzialmente arrestate nello sviluppo di ulteriori caricamenti per decenni, semplicemente perchè era difficile concepire qualcosa di meglio e più efficace. Sia i caricamenti RWS che Brenneke garantiscono una precisione che ha dell’incredibile. A 100 metri, con un’ottica a bassi ingrandimenti, è più che semplice ottenere rosate da bench rest. Con 293 grani di peso, pari a 19 grammi, e un coefficiente balistico decisamente elevato per il calibro, ben .465 , la vecchia gloriosa TUG vanta una balistica esterna entusiasmante, con caduta facilmente compensabile fino a 400 metri, ritenzione di energia elevata e rimarcabile insensibilità al vento laterale. La struttura del proiettile, con il nucleo anteriore morbido e frangibile e quello posteriore durissimo, permettono una tranquilla gestione di un ampissimo spettro di velocità: ai regimi di esercizio tipici del 9,3×64 il nucleo anteriore, all’impatto, assume andamento esplosivo, con produzione di proiettili secondari dotati di alta energia e dal potere lesivo indecente. A velocità più miti il nucleo anteriore tende a deformarsi, schiacciarsi, e anche separarsi da quello posteriore, creando a volte due cavità permanenti ed un foro di egresso netto. Come sempre nelle ogive tedesche, un bordo tagliente garantisce una fustellatura netta del foro di ingresso, e la solita rassicurante rasatura della pelliccia.

L’impatto con strutture ossee importanti può mettere in crisi il proiettile, specie se da distanze ravvicinate, ma la massa decisamente elevata e l’energia dispersa, generalmente, producono uno shock tale da ancorare la preda al suolo garantendo una facile ripetizione del colpo. E’ sicuramente un proiettile destinato a grandi prede, ma ben si comporta anche su animali leggeri. Su strutture esili, pur non subendo alcuna deformazione, l’uccisione sarà sempre immediata con estremo rispetto della spoglia.

9,3×64 su Loden. Due classici senza tempo.

Va da se, La TUG fu una palla rivoluzionaria, non certo destinata a tiri frontali su elefanti e bufali. Sebbene in molti l’abbiano utilizzata sul Bufalo Cafro con risultati decenti, per gli standard odierni è troppo fragile e poco affidabile. Ma per tutto quello che sta al di sotto di questi due pesi massimi, c’è poco di più efficace. In oltre un secolo di attività, camerata nei tre calibri principi, è sicuramente la palla che ha abbattuto più selvaggina pesante al mondo. Una vecchietta terribile a cui portare massimo rispetto. Insieme alla pesante Vollmantel da 286 grani, in poco tempo si costruì una reputazione inattaccabile in tutto il continente nero, rendendo il 9,3×64 uno dei calibri più affidabili di sempre. Raramente nella storia, un proiettile e un calibro hanno camminato per tanto tempo senza separarsi mai e legando indissolubilmente i propri destini. Ma questa è una storia speciale, unica al mondo.

Teoricamente, con polveri odierne, sarebbe possibile spremere diversi metri secondo, spingendo ancora di più la vecchia TUG. Ma a che pro? quando si rasenta la perfezione, tentare oltre può produrre cocenti delusioni.

Sfortunatamente, ad oggi, solo Voere produce una carabina in 9,3×64 Brenneke, basata sulla stracollaudata azione Mauser. Nessuna delle aziende europee ha più in produzioni armi camerate nel nostro calibro, ragion per cui nel volgere di qualche anno sarà destinato ad un immeritato declino. Qualora vi riesca, è possibile trovare ottime armi, con mezzo secolo di vita sulle spalle, a prezzi davvero ragionevoli. Non è facile, a dire il vero; ma di tanto in tanto nelle armerie che ritirano collezioni di privati, capita di scovare un pezzo che merita.

A Caccia tra i boschi.

A me successe qualche anno fa, nell’armeria sotto casa. Quasi per caso mi imbattei in una Mauser Europa 66 modello Africa, 9,3×64, scatto diretto, mire express molto intuitive. Una attenta ispezione dell’arma non mi fece trovare difetti o segni di usura. Scoprii che era stata impiegata in due safari negli anni 70 e poi nulla più, aveva trascorso quasi 40 anni in uno stipetto. I legni erano appena segnati, i ferri semplicemente ottimi. Il lavoro sull’arma è stato davvero modesto. Mi sono limitato a regolare il peso di scatto del grilletto, pulire accuratamente otturatore, canna e gruppo scatto. E poi ho fatto montare delle ottime basi EAW dal mio armaiolo. Il peso dell’arma con Ottica montata è piuttosto impegnativo, ma visto il vigoroso rinculo e il peso delle palle impiegate non è propriamente un difetto. La calciatura generosa e ben disegnata scarica bene il rinculo, e il rilevamento non è proibitivo a meno di impiegare caricamenti pepati con palle molto pesanti. L’ottica che ho dedicato a questo pezzo di storia è una bella Z6i EE, con lungofocale, concepita per grossi calibri. La lunghezza focale di 12 cm permette l’acquisizione immediata di bersagli in movimento anche a distanza ravvicinata. Non è di certo l’arma perfetta per la caccia in battuta ( anche se l’ho impiegata più volte, portandomi dietro un treppiede e riuscendo a colpire animali in corsa a distanze elevate) ma se vorrete insidiare grosse prede in qualunque continente, questa combinazione è incredibilmente mortale. La domanda che tutti fanno quando presenti un arma in questo efficentissimo calibro, è sempre la stessa, banale e in fondo scontata: ma cosa diavolo te ne fai di un’arma così?? La risposta rapida e di effetto è : perche si, perche esiste ed è bellissima. La risposta giusta, solo per i meritevoli, è che con un pizzico di pazienza e ingegno, una carabina di questo genere permette una flessibilità di impiego che non ha eguali tra i calibri medi. Dedicandosi alla elaborazione di cariche leggermente ridotte, sarà possibile riprodurre le doti balistiche dei più miti e diffusi 9,3×62 e 9,3x74R. Scegliendo correttamente la polvere è possibile ottenere cartucce di stampo europeo, che non rovinano la spoglia ne tantomeno il cacciatore, e se avrete anche l’accortezza di impiegare una palla idonea, di fatto potrete insidiare cinghiali, cervi, daini, senza eccedere con la potenza, ma utilizzando un impianto balistico eccezionale su armi estremamente ben fatte e ricercate.

Geniale Brenneke.

Ma se potrete un giorno concedervi il lusso di un Safari africano, o di una divagazione Ungherese su cervi acromegalici, potrete sfruttare in pieno tutto il potenziale della più bella cartuccia europea. Viste le tendenze attuali, è facile comprendere come una calibro tanto avvenieristico sia oggi una potenziale base di sviluppo di calibri moderni e rivoluzionari. Basti pensare come, impiegando le recenti ogive in metalli atossici, sia facilissimo ottenere munizioni con doti balistiche eccellenti, rinculo pressochè inesistente, ed efficacia incredibile sulla selvaggina leggera e media. Con sconvolgente lungimiranza e intelligenza, RWS propone un caricamento commerciale con palla Evolution Green da 185 grani, affianco alla eterna TUG da 293 grani, vera regina del Big Game Hunting in salsa europea. Questa leggerissima ogiva in stagno alimentare, oltre ad essere completamente atossica, ha doti balistiche a dir poco sconvolgenti. Con una velocità alla bocca prossima ai 970 ms, presenta una traiettoria pressochè uguale a quella della H Mantel in 8x68S. La struttura dell’ogiva ne fa un Jolly per tutte le situazioni in cui si cerchi di insidiare una preda di medie dimensioni o decisamente leggera. La parte frontale del proiettile ha struttura fragile, che tende a frammentare nel tramite generando molti proiettili secondari. La parte posteriore, per quanto leggera, penetra in profondità con foro di egresso ben marcato. Con azzeramento a 200 metri è possibile colpire una bersaglio di medie dimensioni fino a 300 metri senza compensazioni eccessive. Una ventata di modernità che rivitalizza questo vecchietto mettendolo in lizza coi più moderni partoriti delle aziende americane. Toglietevi di mente tiri lunghissimi, questa cartuccia nasce come risolutore nelle brevi e medie distanze, con molta più cattiveria del fratello minore 9,3×62. Le ogive da 9,3mm, salvo alcune rare eccezioni, sono esclusivamente concepite per colpire duro, distruggere tessuti ossei e muscolari, cedere energia in modo brutale, e lasciare a terra il grosso ungulato senza possibilità di fuga. Va da se che con una radenza da calibro magnum, colpire prede di dimensioni africane a 400 metri non è compito impossibile. Se l’area vitale è grande come il portellone di un Van, la distanza di impiego di una buona arma in 9,3×64 è estesa ben oltre i 500 metri, tenendo però in considerazione natura e vitalità della preda insidiata. L’impiego di moderni proiettili monolitici è una novità in grado di rivitalizzare il calibro, permettendo di esplorare possibilità prima impensabili. Contemporaneamente , l’evoluzione delle ogive Solid ha aperto scenari nuovi ed estremamente interessanti. Purtroppo per gli amanti di questo ed altri calibri europei, il limite maggiore alla diffusione e all’impiego, sono rappresentati da ragioni politiche. La sconfitta bellica, nel 1945, influì negativamente su ogni aspetto della produzione industriale tedesca. I britannici, in tutte le loro ormai ex colonie, imposero dei limiti vergognosi. Il calibro minimo consentito per insidiare i Big Five è quasi ovunque il .375. Paradossalmente, vi sarebbe consentito l’impiego di un 45/70, ma non quello del 9,3×64. Chiunque mastichi qualcosa di armi e balistica riesce a capire che sulla letalità di una cartuccia si devono tenere in considerazione più fattori, quali velocità alla bocca, peso della palla, energia espressa non solo alla bocca ma anche a 100 e 200 metri. Parametri che permettono di capire se una munizione sia in grado di abbattere pulitamente un selvatico pericoloso alle distanze medie di ingaggio.

Quel che resta di una TUG.

Sebbene sia comprensibile la volontà di cancellare ogni traccia del nemico sconfitto, a distanza di 80 anni appare quantomeno anacronistico quasi ridicolo ritenere che un proiettile in .375 sia sufficiente ad abbattere un Elefante o un bufalo Cafro, mentre uno da .366 no, pur avendo energie sovrapponibili. Oggigiorno solo alcuni paesi africani hanno sollevato il velo su questo argomento, richiedendo saggiamente una energia minima alla bocca per consentirne l’uso su alcune specie pericolose. Parlando fuori dai denti, nè il buon 9,3×64 ne il .375H&H sono il massimo della libidine per andare ad infastidire bestie pericolose, e di sicuro non sono in grado di fermarne una eventuale carica.

Da un punto di vista meramente balistico, il nostro 9,3×64 ha alcuni vantaggi sul .375 H&H. Come già detto può essere camerato da una azione standard 98, lavora ottimamente su canne da 65cm, è una cartuccia molto efficiente che può contare su un numero eclatante di ogive: è virtualmente possibile cacciare tutta la selvaggina del globo, dal capriolo all’elefante. Palle senza piombo leggere e velocissime, ma anche palle molto pesanti, con struttura ultra resistente, coefficiente balistico elevato e densità sezionale alta. Le ogive in .375 di pari peso hanno sempre densità sezionale più bassa, coefficiente balistico inferiore, ma è pur vero che il purosangue inglese può montare palle da 350 grani, mentre la controparte teutonica si ferma a 325. E’ un testa a testa che va avanti da un secolo, e che di fatto non ha un vincitore effettivo. Quello che realmente pone il .375 sul gradino più alto del podio e la sua diffusione capillare in ogni luogo sperduto in cui sia possibile cacciare bestie enormi. Escludendo le ex colonie tedesche, credo che sia molto improbabile trovare munizioni in 9,3×64 Brenneke al di fuori del suolo europeo, a meno di ordinarle appositamente. Questo aspetto è incredibilmente limitante, perchè in caso di smarrimento del bagaglio contenente le munizioni, ci troveremmo con un’arma inservibile.

Nonostante, come abbiamo visto, siano sempre meno i cacciatori che possiedano e utilizzino questo splendido impianto balistico, è tuttora possibile contare su numerose cariche commerciali. RWS propone essenzialmente due cartucce: la intramontabile Uni Classic (identica alla TUG in tutto e per tutto, con prestazioni identiche) e la modernissima Evo Green, dalla imbarazzante balistica esterna. I due caricamenti RWS mettono il cacciatore in grado di insidiare tutti i mammiferi europei e nord americani senza patemi d’animo, e praticamente tutta la fauna Africana, escludendo, come prima spiegato Elefante, Bufalo e Rinoceronte. Sicuramente il leone e il leopardo sono alla portata della TUG, anche se esistono decisamente medicine migliori per felini estremamente pericolosi.

Brenneke, dal canto suo, non è rimasta a guardare, affiancando alla eterna TUG, la nuova TOG, Torpedo Optimal Geschosse, una palla dura e con il nucleo saldato al mantello, e l’ultima nata TUG Nature, doppio nucleo senza piombo da 220 grani, che promette di essere una novità esaltante. La TOG è la munizione commerciale con energia più elevata. Vanta una velocità alla bocca di 860ms, sfiorando i 5900 joule di energia. Con una traiettoria molto tesa è sicuramente in grado di svolgere il suo lavoro egregiamente su selvaggina grande e dotata di estrema vitalità . Il peso piuttosto modesto, 247 grani, ne limita leggermente la sfera di impiego. Lo stesso proiettile, se avesse avuto una massa di 19 grammi, sarebbe probabilmente stato lo strumento definitivo per il Big Game Hunting. Allo stesso tempo è pur vero che va ad occupare un segmento molto interessante: non esiste ogiva Bonded da 16 grammi tra i caricamenti commerciali, ed è plausibile che Brenneke abbia voluto riempire questo gap con un proiettile molto ben fatto e davvero efficace. La nuovissima TUG Nature, uscita quest’anno, è un’ogiva molto simile alla Tug, ma costruita con materiali molto innovativi. Il disegno ricalca quello ultra collaudato della TUG, ma con un peso decisamente limitato, 220 grani, 890 ms per quasi 5700 joule alla bocca. La radenza è decisamente buona, e il rinculo sicuramente limitato e ben gestibile ( al momento non sono riuscito a testarle). Non le userei mai in una battuta, data la natura frangibile, ma per una caccia da appostamento a selvaggina media e piccola credo che potrebbero essere una buona scelta, vista anche la totale atossicità.

Infine, la sempiterna TUG di cui abbiamo già discusso… resta da dire che è una delle ogive da 9,3mm con coefficiente balistico più elevato tra quelle esistenti, comprovata efficacia e può vantare un secolo di servizio. Tende ad andare in crisi nei tiri ravvicinati, perchè la perdita improvvisa di quasi metà della massa ne limita a volte la penetrazione. Trovo che, come al solito con le ogive con qualche primavera sulle spalle, l’optimum si raggiunga tra gli 80 e i 150 metri. A questa distanza la stella di Brenneke risplende più forte che mai: la velocità dell’ogiva è tale che l’impatto su qualsiasi mammifero di grande mole produce abbattimenti decisamente spettacolari, con danni alla spoglia solitamente contenuti. Il rilascio di energia è fortissimo, tanto che anche tiri non perfetti produrranno invariabilmente uccisioni molto rapide.

Sologne propone un caricamento con palla Nosler Partition, ma non ho mai avuto modo di provarlo.

Top Performer.

Chiunque abbia intenzione di percorrere la splendida via tracciata da Wilhelm Brenneke, dovrebbe necessariamente ricaricare le proprie cartucce. Solo con la ricarica si possono esplorare le infinite possibilità offerte da questo splendido calibro. I bossoli possono essere facilmente reperiti, sono prodotti da RWS e Brenneke, e costano una discreta cifra. Tuttavia non è un calibretto con cui sparacchiare in poligono per ore: è in grado di smontarvi le spalle; una volta trovato il giusto azzeramento e presa confidenza con l’arma, potrete contare su una letalità che non ha eguali. Questo aspetto non è prettamente negativo. Generalmente armi con rinculo vigoroso, invecchiano molto bene. Le mie, ad esempio, hanno 50 e rotti anni ma hanno sparato molto di più con me che con i precedenti proprietari. Se le ricariche non sono esasperate, potrete utilizzare i bossoli svariate volte. A differenza di quanto rilevato con i cugini più prossimi, i potenti 8x68S e 7×66 Vom Hofe, la preparazione del bossolo del 9,3×64 non richiede certosine attenzioni. Complice la generosa sezione della palla, una volta ricalibrato il bossolo nel full dies e portato a lunghezza, potremo procedere alla ricarica. Gli inneschi raccomandabili sono a mio avviso i Magnum, essendo il bossolo capiente e le polveri generalmente impiegate a velocità intermedia. Al solito trovo eccezionali gli RWS.

Le polveri impiegabili sono praticamente tutte quelle con rateo di combustione da intermedio a lento. Tutti i calibri con palle da 9,3mm sono generalmente generosi in fatto di polveri, digeriscono di tutto, producendo rosate buone o ottime, con la solita monotona efficienza. Sono riuscito ad approntare ricariche con praticamente tutte le polveri che ho provato negli anni, dalla N140 alla N160, passando per le 202, 203B, 204, e finendo a quella che secondo me è la vera outsider, la RS60. Questa polvere si è dimostrata inarrivabile, in grado di produrre velocità elevatissime pur mantenendo le pressioni di esercizio su regimi decisamente bassi, cariche decisamente sicure anche a temperature equatoriali. Pur collezionando qualche mal di testa, la sperimentazione su queste ricariche si è protratta negli ultimi anni, permettendomi di ottenere risultati esaltanti e inattesi.

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Passiamo ad analizzare le ogive provate, che al solito sono il cuore della ricarica, croce e delizia del cacciatore che si dedica alla complessa arte della ricarica.

NORMA ORYX 232 grani.

Troppo leggere ma dannatamente tenaci.

Quando iniziai a ricaricare il 9,3×64 non avevo preso in considerazione queste palle, ma dopo qualche tempo, avendo visto quanto fossero efficienti nel 9,3×62, la curiosità di testarle sul campo a velocità elevata era diventata opprimente. Come mio solito contattati Norma chiedendo numi; la risposta non si fece attendere.

L’ogiva è stata progettata per lavorare a 800 ms, essendo spesso dedicata a tiri ravvicinati su animali corpulenti velocità maggiori potrebbero mettere in crisi la struttura. Ormai il tarlo stava scavando e solo la sperimentazione sul campo avrebbe potuto dare risposte. Trovata la giusta quadra, con una velocità non esasperata di 850 metri secondo, rimaneva solo da provarla su un animale di mole adeguata. Sfortunatamente non abbiamo antilopi, zebre o Eland in Toscana, quindi lo sfortunato tester fu un inconsapevole verro coperto di fango invernale. Colpito mentre trotterellava via dalla battuta, si accasciò in un fossetto senza emettere un gemito, la corta coda a vorticare in aria come spesso accade. Fortuna volle che riuscii a recuperare la palla, che nel tiro frontale era penetrata nel collo ed aveva raggiunto l’addome. Il relitto della Oryx aveva le dimensioni di una grossa moneta antica. La palla si era sovraespansa in modo totale, cedendo tutta l’energia disponibile e provocando una ferita interna indescrivibile. I danni alla spoglia erano molto ingenti, ma fortunatamente limitati agli organi interni. Purtroppo ho perduto la palla recuperata e le foto che avevo scattato, ma posso assicurare che la tenace palla svedese aveva compiuto un piccolo miracolo rimanendo attaccata al mantello e perdendo solo una parte del peso originale. L’esperimento si concluse subito. Era chiaro che questa ogiva non poteva sopportare stress simili, ma credo che sia uno dei migliori proiettili in circolazione visto come ha superato un simile test; promossa a pieni voti.

RWS KS 247 grani.

Precisa e legale.

Come in molti altri calibri, anche in questo ipertrofico 9,3mm la Keghelspitz fa la sua bella figura. Non mi stancherò mai di dirlo, il mantello della KS è un trionfo di ingegneria metallurgica. Ha una durezza perfetta per essere stabilizzata da quasi ogni passo di rigatura, ma sul selvatico si rivela sempre bilanciata, la palla si affunga, perde una percentuale di massa ma difficilmente va in pezzi o si separa.

Munizioni originali RWS, anni ’80.

Solo con tiri frontali e su strutture ossee molto coriacee ho osservato scamiciature imbarazzanti, ma nel 99% dei casi l’effetto è sorprendente. È un proiettile perfetto per la selvaggina media e leggera, preciso oltre ogni aspettativa, ideale per tiri sul Blatt. Per animali di mole, fino al cervo, può trovare impiego a patto di piazzare il colpo in punti nevralgici. Il collo e ovviamente il torace sono da privilegiare per esaltare lo stopping power e limitare il più possibile i danni alla spoglia. Il tallone d’Achille è la relativa fragilità dell’ogiva, che richiede qualche accortezza. Per tiri abbastanza lunghi resta una delle scelte migliori. Per decenni RWS ha proposto un caricamento commerciale con Ks da 247 grani che vantava 850 ms di velocità alla bocca. Ho riprodotto le stesse prestazioni, rinculo gestibile, tanto che è possibile osservare degnamente la reazione al colpo, i bossoli non sono assolutamente segnati da sovrapressione e il caricamento è fluido senza minimi impuntamenti. Teoricamente, utilizzando la RS60 é possibile ottenere velocità ben più elevate, ma vista la struttura del proiettile sarebbe davvero dirompente. Lo ribadiamo, non è un calibro da long range , anche se per certi versi potrebbe strizzare l’occhio alla lunga distanza. Viste le attuali tendenze, La ottima Tog di Brenneke può considerarsi la versione riveduta e corretta della Ks, adattata alle condizioni di lavoro del 9,3×64.

Resta comunque una buona scelta, abbattimenti incredibili, anche con piazzamenti scadenti nei tiri sporchi.

H-MANTEL 258 Grani.

Wunderbar!

In assoluto la miglior palla provata in questo brillante calibro. Per diverse stagioni ho utilizzato la H Mantel sul 9,3x74R e sul 9,3×62.

Impareggiabile H-Mantel.

Le sue prestazioni non erano mai esaltanti, perché al pari di altri calibri standard, le energie prodotte non erano sufficienti a far rifulgere questo proiettile. Avendo a suo tempo osservato come le balistica terminale cambiasse radicalmente passando dal mite 8x57JS al nerboruto 8x68S, avevo la netta sensazione che camerandolo nel 9,3×64, la vecchia H Mantel potesse sbalordire. I risultati ottenuti sono stati incredibili. In verità non è farina del mio sacco: sul manuale RWS è riportata una dose di ricarica ben spinta, che permetterebbe di lanciarla a 850 ms, con energie impressionanti e radenza di tutto rispetto. Con la solita RS60 é stato semplice arrivare a queste velocità, la precisione a 100 metri è da benchrest, ma con energia sulla soglia dei 6000 joule. La venerabile H Mantel è giunta alla nona generazione, mantenendo pressoché invariata la struttura.

H-Mantel 850ms, 100 metri.

Nucleo frontale cavo, sormontato da un cupolino arrotondato. Nucleo posteriore solido a garanzia di penetrazione e foro di uscita. Generalmente le prede colpite hanno reazioni variabili in relazione al piazzamento. Se verranno attinte la spalla o nella zona toracica assisteremo ad abbattimenti fulminei, su animali di mole grande e media. Qualora venga attinta la bassa cassa toracica o l’addome, generalmente il capo accuserà il colpo vistosamente, rimanendo ancorato al terreno o assumendo un andamento barcollante, quasi fosse ubriaco. Anche in questo caso un secondo colpo non sempre è necessario, a meno che l’animale in questione sia pericoloso o qualora si ritenga utile porre fine ad inutili sofferenze. Purtroppo per gli estimatori, la H Mantel non è più prodotta in 9,3mm. Fortunatamente RWS ha messo in produzione la nuovissima Speed tip, ogiva che sfrutta la tecnologia dell’H Mantel ma con un design moderno, migliore coefficiente balistico e puntale in polimero per scongiurare problemi di alimentazione.

SPEER HOTCORE 270 Grani.

Onesta.

Questa economica palla dal peso singolare, rappresenta una comoda via di mezzo tra i pesi leggeri e quelli massimi. Ha un buon coefficiente balistico e non la impensieriscono tiri oltre i 250 metri.

Pur essendo una palla bonded, la saldatura tra nucleo e mantello non è troppo tenace, al punto che già alle velocità più miti del 9,3×62 tende a perdere parte della propria massa con impatti violenti a distanze ravvicinate. Nel 9,3×64 può essere messa nelle condizioni di lavorare ottimamente. Su animali di grandi dimensioni c’è da aspettarsi che dimezzi abbondantemente la massa originaria, seminando letali proiettili secondari. Ma su animali di medie dimensioni, il peso e la struttura garantiscono penetrazione e rilascio di energia ottimali. Dovendo cacciare cervi enormi o antilopi africane, sicuramente impiegherei altre ogive, ma per la mia esperienza, un colpo sul Blatt anche da distanze relativamente brevi risulterebbe dannatamente letale con la Speer . Visto il costo, sicuramente un’ottima ogiva per fare pratica ma anche per cacciare fauna europea, magari con cariche morbide e ben calibrate.

RWS TEILMANTEL 286 Grani.

Classico senza tempo.

Questa ogiva arriva direttamente dall’epoca d’oro, immutata e ancora splendidamente efficace.

Teilmantel da 18,5 grammi.

Diciamo subito quello che stiamo pensando tutti. Non è la palla più indicata per un calibro così potente. Vero. Sebbene RWS abbia commercializzato una cartuccia in 9,3×64 con la vecchia teilamantel spinta a 800 ms per un paio di decenni, sicuramente oggi esistono ogive più indicate a sostenere le energie in gioco a queste velocità. Non oso neanche immaginare quali effetti producessero sulla selvaggina pesante 18,5 grammi di piombo morbido che volano alla velocità di una V2. Quello che però ho potuto osservare è la estrema precisione e costanza che questa semplicissima ogiva è in grado di produrre. Ho elaborato una ricarica con la vecchia N160, niente di esasperato. Riproduce ne più ne meno le prestazioni del 9,3×62, con una accuratezza che ha dell’incredibile. Data la natura del proiettile, l’efficacia sulla selvaggina europea è assolutamente eccellente, senza deturpare la spoglia.

Ottima rosata.

Con questa ricarica ho affrontato diverse battute di caccia al cinghiale, con grande soddisfazione. L’unico vantaggio rispetto ad un 9,3×62 è che la fattura dell’arma e la sua ergonomia sono notevolmente migliori, il rinculo più modesto e la precisione, con la canna da 65 cm, assolutamente notevole.

NORMA ALASKA 286 Grani.

Fantastica e basta.

Ho impiegato queste belle ogive per un paio di stagioni sul mio express, impegnandole sia in battuta nella per la caccia alla cerca. Già alle confortevoli velocità del 9,3x74R era in grado di produrre abbattimenti fulminei; rispettosa sulle prede leggere e massimamente letale su quelle grandi, si è sempre dimostrata costante e precisa.

Decisamente più dura delle Teilmante di RWS, garantisce una buona espansione e mantiene sempre una massa elevata. Non sono mai riuscito a ritrovare una palla, giacchè hanno comunque prodotto fori di egresso anche su tiri frontali. Provarle sul buon 9,3×64 era una curiosità da soddisfare. Iniziai con cariche abbastanza morbide, finendo per trovarne una decisamente pepata, con la ottima RS60, che mi ha dato un paio di belle soddisfazioni.

Tutto nacque da una chiacchierata con un amico che caccia in zona Alpi, sull’altopiano. Mi raccontò di come, dopo Vaja, enormi porzioni di bosco erano diventate terreni di pastura, che i cervi erano triplicati e che i maschi cominciavano ad assumere dimensioni ungheresi. Ma erano pur sempre scaltri animali alpini, abituati a fuggire l’uomo e a temere le fucilate. Il suo problema era trovare un calibro abbastanza teso da portare un treno di energia fino ai 200-300 metri. Io suggerivo di impiegare un 8x68S, ma lui insisteva a dire che mai avrebbe rinunciato al suo 9,3×62, perchè perdere al tramonto un cervo enorme e ritrovarlo poi mangiato dai lupi gli avrebbe tolto il sonno per sempre. Quelle ogive pesanti e lunghe gli davano una sicurezza a cui non voleva rinunciare. Ma a quella distanza avrebbe gradito una energia più elevata di quella che di solito contraddistingue il 9,3×62. Suggerii di provare il mostruoso Brenneke. Lui apparve da subito interessato. Elaborai una buona ricarica, quella pepata di cui parlavo sopra. La prova in poligono fu buona, al punto che ne uscì un articolo che Norma pubblicò sul proprio sito.

https://www.norma-ammunition.com/en-gb/norma-academy/dedicated-components/calibers/9-3-mm-a-love-affair

Il mio amico si invaghì dell’idea, e finì per farsi costruire una carabina. Quando la stagione del bramito era avviata, mi chiamò un mattino, dicendo che con le altre canne ci avrebbe potuto piantare i fagioli, per quanto era strabiliato dalla brutale efficacia del 9,3×64. E’ sicuramente uno dei migliori proiettili in 9,3mm, capace di gestire bene le velocità elevate, benchè di costruzione molto tradizionale. Il peso elevato e la qualità del mantello garantiscono sempre buona penetrazione e grande rilascio di energia.

Una delle cartucce più efficaci che abbia mai assemblato.

Lanciata ad 800 metri secondo, è un’ottima medicina per quasi tutti gli animali a pelle tenera della terra. Considerando che l’area vitale delle prede a cui è destinata è circa un metro quadrato, è intuitivo comprendere che fino a distanze di 300-400 metri il binomio calibro-palla sia terribilmente mortale. Sicuramente non sarà una ogiva moderna, sicuramente non risparmierà la spoglia, ma di sicuro non vi costringerà a rincorrere per chilometri animali feriti, e magari a rischiare la pelle in posti sperduti dove una banale ferita può significare la morte.

BRENNEKE TUG 293 Grani.

La Regina.

Colei che dette avvio a tutto, creata appositamente per poter rendere fruibile la potenza incredibile del 9,3×64. Ne abbiamo già parlato ampiamente, non rimane molto da dire. Se mai aveste un dubbio su quale palla utilizzare per un qualsiasi mammifero a pelle tenera non pericoloso, lei sarà sempre la risposta. E’ ormai datata, ma lei non lo sa e continua a mietere vittime senza soluzione di continuità. Da ormai un secolo. Merita grande fiducia.

SWIFT A-FRAME 300 Grani.

Superlativa.

Chiunque abbia avuto esperienze di caccia in Africa ha sentito parlare di queste affidabili e resistenti ogive.

Questa piccola azienda americana si è ritagliata una fama inattaccabile presso tutti i cacciatori amanti del big game hunting. La sua struttura super collaudata ne fa un’ottima scelta in ogni tipo di situazione, specialmente al cospetto di prede di grande mole. Dispone di due nuclei, entrambi bonderizzati. L’anteriore è ovviamente più morbido, e tende a deformarsi in modo uniforme e costante. Il nucleo posteriore è si duro e atto a garantire una penetrazione molto profonda, ma qualora soggetto ad impatti violenti, è prono a deformarsi in modo analogo a quello anteriore, senza perdere massa. Le sue performance sono peculiari, il foro di ingresso è tipicamente grande, cosa francamente unica tra le palle bonded, mentre quello di uscita è sfrangiato, sempre produttivo. Nel nostro calibro sarebbe forse stato più efficiente il proiettile da 286 grani della stessa tipologia, ma essendo introvabile, ho dovuto utilizzare quello da 300. La ricarica non è stata complessa, in diversi manuali è indicata la lunghezza di cartuccia più idonea, 84,2mm , e raggiungere una buona precisione ha richiesto un solo tentativo. Diversamente da altre volte, il proiettile si è rivelato molto costante a 50 e 100 metri.

E’ possibile ottenere ricariche con energie prossime ai 6000 joule tenendo bassa la pressione, con la solita affidabile RS60. Questo aspetto è di fondamentale importanza qualora si vogliano realizzare ricariche destinate a cacciare in paesi torridi: le alte temperature tendono ad alzare inevitabilmente le pressioni di esercizio. Una buona polvere bibasica e una pressione di esercizio che tenga conto di eventuali picchi dovuti al caldo, permetteranno un sereno utilizzo dell’arma in ogni condizione. La forma panciuta della A-Frame da 300 grani permette un caricamento fluido della cartuccia, senza il minimo inceppamento, fattore importantissimo qualora si vogliano insidiare prede pericolose. Si raccomanda di porre attenzione i valori di Free bore, da rilevare sulla propri arma. Essendo ogive molto dure, la pressioni iniziale è molto più elevata delle normali soft point e delle altre ogive Bonded. Seguite pedissequamente le dosi raccomandate dai manuali per evitare pericolose sovrapressioni. Il vero cruccio è che una azienda come Swift, produttrice da qualche anno di munizioni di altissima qualità dedicate al Big Game, non abbia tra le proprie cartucce commerciali nemmeno un caricamento in 9,3×64 Brenneke. Utilizzare cartucce ricaricate in un ambiente estremo come l’Africa, per cacciare animali pericolosi in ambienti selvaggi, è sempre un piccolo azzardo; alcune organizzazioni pretendono che i propri clienti utilizzino munizioni commerciali, per evitare guai assicurativi ed eventuali procedimenti. Se Swift mettesse in produzione una cartuccia in questo bel calibro farebbe una cosa gradita, ridando vita ad un cavallo di razza che ha pochi eguali. Ad oggi non sono riuscito a testare a fondo le doti di questa palla, mancando sostanzialmente le prede a cui sarebbe destinata. Il Covid ha definitivamente guastato i miei piani, il mio test dovrà attendere periodi e terreni di caccia migliori. Ma è solo rimandato.

Norma Oryx 325 Grani.

Un treno inarrestabile.

Gran bella ogiva, la Oryx da 325 grani. Lunga, pesante, con densità senzionale spaventosa e coefficiente balistico sostanzioso, è una palla bonded ma morbida. E’ concepita per deformarsi alle velocità tipiche del 9,3×62, ma comunque la massa elevatissima promette una penetrazione eccezionale e peso residuo idoneo ad abbattere grandi animali a pelle tenera. La cessione di energia è sempre alta, la precisione ottenibile con la giusta ricarica è sorprendente.

Come tutte le ogive Norma in questo calibro è leggermente sottocalibrata, il che consente di ottenere buone velocità senza rischiare sovrapressioni, cosa abbastanza unica tra le ogive bonderizzate. Il rinculo è forte e chiaro, tanto che alcune munizioni risultanopunitive sia per il tiratore che per la preda. Il rilevamento è sempre marcato, vista la massa del proiettile, e a volte risulta complesso vedere la reazione al colpo dell’animale, ammesso che ve ne sia alcuna. Particolare attenzione va posta nella ricerca della corretta lunghezza di cartuccia. Essendo una ogiva molto lunga può creare problemi di alimentazione, e accorciare la lunghezza complessiva può comportare incrementi pressori pericolosi. considerate questi fattori qualora decidiate di utilizzarla. Al solito una corretta misurazione del free bore sarà fondamentale. Ho trovato idonee sia la N160 che la RS60. La prima molto precisa ma ottiene velocità nettamente inferiori alla compagine elvetica. Cervi enormi, antilopi, orsi, alci, e ogni altro mammifero a pelle tenera sono ampiamente alla portata di questa ottima Oryx.

WOODLEIGH 320 Grani

Fantastiche.

Le ogive Woodleigh sono da sempre tra le migliori al mondo. Nel variegato mondo del Big Game Hunting, la loro affidabilità è indiscutibile. Essendo stati gli inventori del processo di saldatura chimica tra mantello e nucleo, fin dagli albori si sono ricavati una fama solidissima. Non esiste cacciatore africano che non abbia utilizzato le loro splendide ogive. Non è un caso se Norma per molto tempo ha utilizzato le loro palle (fino alla commercializzazione delle Oryx) su molte cartucce, e continui a caricarle sui calibri spiccatamente dedicati al Dangerous game. Entrambe le ogive da 320 grani possono in teoria gestire senza imbarazzo energie e velocità del 9,3×64. Le palle Round Nose, tuttavia, pongono spesso problemi di alimentazione. Molte delle carabine oggi circolanti, hanno qualche primavera sulle spalle. All’epoca, Mauser in testa, le armi erano costruite attorno ad un proiettile, principalmente. E in questo caso, ovviamente, la punta di diamante era la TUG. I proiettili Round nose dal profilo panciuto, spesso si impuntano. E un caricamento non fluido, in una situazione di grande stress è viatico di pessime esperienze. Le Ogive Protected Point, al contrario, se assemblate con una corretta lunghezza di cartuccia, sono molto più fluide ed estremamente precise. Sono palle molto dure, che espandono solo in seguito ad impatto con strutture ossee e muscolari imponenti. La loro peculiarità è la penetrazione. Sono ogive concepite per penetrare molto in profondità, dissipando l’energia solo in parte, per raggiungere gli organi vitali di animali estremamente grandi. Hanno un coefficiente balistico molto buono, una densità sezionale eccezionale, e solitamente sono molto precise. Se doveste mai decidere di utilizzare questo calibro per cacciare il bufalo, probabilmente le due ogive da candidare sarebbero proprio le Protected Point e le A-Frame. Per testare a fondo le doti di queste belle ogive, bisognerebbe riuscire a cacciare prede degne della loro tenacia in terra d’Africa. Per ora, ahinoi, dovremo accontentarci di trovare la giusta ricarica, e aspettare tempi migliori. Ho allestito un piccolo lotto di munizioni con le Soft point round Nose da 250 grani, e sebbene avessi cercato di limitare molto la lunghezza di cartuccia, durante una battuta di caccia ho avuto un bruttissimo inceppamento dovuto alla peculiare rotondità del proiettile.

Le ottime Woodleigh 250 grani RNSP, indigeste alla Europa 66.

E’ stata una cocente delusione perchè la cartuccia, assemblata con una carica morbida e idonea ai terreni europei, era estremamente precisa. Non lo ripeteremo mai abbastanza, verificare la fluidità di caricamento è un aspetto fondamentale, che va sempre curato, soprattutto se si intendono cacciare animali potenzialmente pericolosi.

OGIVE BLINDATE E SOLID.

Essendo un calibro idoneo alla caccia in terra d’Africa, ha senso considerare l’impiego di palle blindate, Full Metal Jacket, o meglio ancora di proiettili Solidi. Le FMJ sono l’evoluzione venatoria delle palle militari.

Vollmantel dall’epoca d’oro dei Safari.

Normalmente hanno profilo Round Nose, in parte per creare una cavità permanente più ampia e in parte per garantire una penetrazione rettilinea senza deviazioni in seguito ad impatti violenti. Mantello e nucleo non sono generalmente saldati: il Mantello semplicemente avvolge completamente il nucleo, ed è spesso abbastanza da evitare che si spezzi. I produttori migliori, come Woodleigh, sono in grado di conferire ai proiettili FMJ forma e coefficiente balistico molto vicini a quelli dei proiettili soft point di pari peso. Questo garantisce di poter impiegare sia proiettili Soft Point che FMJ nella medesima arma, con lo stesso azzeramento. Ovviamente, la diversa struttura, non garantirà punti di impatto identici, ma sicuramente molto prossimi, differenze trascurabili in prede con aree vitali enormi. Questo aspetto assume massima importanza nel Big Game Hunting. La dottrina britannica prevedeva di impiegare un Proiettile Soft Point come prima cartuccia, seguito da quanti più FMJ possibile. Questo modus operandi consente di bloccare col primo proiettile la preda, o per lo meno di rallentarla il tanto che basta da colpirla poi con le palle blindate cercando di ottenere una penetrazione completa nelle zone vitali o meglio ancora di colpire la colonna vertebrale o il cervello. Questa “dottrina” trova massima applicazione con i fucili Express, nei quali veniva tradizionalmente caricata una Soft Point nella canna sinistra e una FMJ nella canna destra. Il cacciatore era in grado di scegliere il proiettile migliore scegliendo su quale grilletto agire. Sembra banale, ma questa flessibilità di impiego non è concepibile su nessun Bolt Action. I moderni proiettili doppio nucleo, A Frame in testa, hanno in parte ribaltato questa situazione, garantendo sempre e comunque una penetrazione non lontana dalle vecchie FMJ.

L’impiego di proiettili non deformabili, sia chiaro, è limitato a situazioni molto particolari, non possono e non devono essere impiegati su animali europei.

Da ormai diversi anni, ai proiettili blindati, si sono affiancati i cosiddetti Solid. Sono ogive realizzate con strutture monomethal, normalmente in rame o altre leghe. Sono decisamente indeformabili, destinati a penetrare quanto più in profondità possibile. Solitamente hanno conformazione Flat Nose, per creare una cavità permanente più larga e garantire una penetrazione lineare e assoluta. I primi solid non presentavano cinturazioni, per cui aderivano alla rigatura per l’intera lunghezza del proiettile. Questo ha creato in più di un’occasione problemi di forte “impiombatura” della canna e sovrapressione; in alcuni vecchi express erano state notate erosioni della rigatura con inevitabile perdita di precisione dell’arma. Successivamente i produttori hanno saggiamente deciso di ricorrere ad un profilo leggermente sottocalibrato con cinturazioni (Banded): in questo modo solo una porzione della superficie del proiettile aderisce alle rigature, con attriti molto più limitati, pressione sotto controllo e precisione comunque elevata. Questi proiettili hanno rivoluzionato in parte il gioco, garantendo prestazioni molto elevate anche in calibri relativamente docili. Nei calibri più prestanti, come il 9,3×64, si sono rivelati capaci di incrementare le già eccellenti prestazioni, permettendo di insidiare prede decisamente fuori scala. Purtroppo per loro, la continua evoluzione delle ogive da caccia, ha partorito mostri ben più performanti.

Come sempre, l’azienda di riferimento è l’australiana Woodleigh. La loro ricerca parte sul finire degli anni ’70, ad opera di un ingegnoso ingegnere di origini italiane. I suoi studi lo portarono a concepire quelli che sono ormai noti come “Hidrostatically stabilized bullet”. Proiettili ideati per generare danni immensi su prede gigantesche, non dissipando l’energia, ma creando una vera e propria onda d’urto all’interno del corpo dell’animale, una colonna di energia che precede il proiettile scavando una vero e proprio tunnel nella carne e nelle ossa. Gli “Hidros” sono prodotti in rame, hanno tipico profilo con vuoti e pieni, come molte ogive in lega di rame. Di fatto il corpo del proiettile è sottocalibrato, e bacia la rigatura solo in corrispondenza degli anelli. Questo aspetto è stato curato in modo maniacale, perchè era precisa volontà dell’azienda poter utilizzare questa nuova famiglia di ogive sui vecchi express senza rovinarne bellezze ed efficienza. La sommità dell’ogiva ha caratteristica forma concava, ed è possibile applicarvi un cupolino di materiale plastico che ha la funzione di migliorarne la fluidità di caricamento e la balistica esterna.

Il design del proiettile, in particolare della parte apicale, è responsabile delle sensazionali prestazioni. Una volta penetrata nel tramite, genera una sorta di bolla di cavitazione a bassa pressione, che viene sospinta dal proiettile e all’interno della quale lo stesso “galleggia”, generando uno shock idrodinamico consistente e una cavità permanente ben più larga dei proiettili solid ed FMJ. Il foro di egresso è tipicamente a campana, di dimensioni impressionanti, e solitamente caratterizzato da emorragia imponente. Questi proiettili sono stati giustamente considerati rivoluzionari, o meglio dei veri e propri Game Changer. Calibri solitamente non idonei, si dimostrano in grado di abbattere pulitamente animali di mole considerevole, mentre i grossi calibri, anche a velocità e pressioni non esasperati si dimostrano ancora più letali.

L’unico neo, legato alla natura dei materiali, è la lunghezza dei proiettili. Se nei vecchi calibri con collarino e bossoli molto capienti, tipici degli express, questo non genera di norma alcun problema, nei calibri più prestanti delle bolt action potrebbe richiedere delle accortezze in fase di elaborazione della ricarica. Sono ogive sensazionali, destinate a cacce speciali.

In questo quadro, che abbiamo appena delineato, si introducono con prepotenza le ultime nate, le ogive che a mio parere sono destinate a chiudere il cerchio: Le Break Away Solid di Swift. Queste palle sono per certi versi l’evoluzione delle HSB di Woodleigh. Hanno una struttura molto più classica. Il nucleo è in piombo, il mantello fatto dello stesso tenacissimo rame utilizzato per le A-Frame. La sommità è concava, sormontata da un cupolino di materiale plastico, anch’esso volto a migliorare alimentazione e balistica. Le prestazioni sono sostanzialmente simili a quelle degli HSB, con l’indubbio vantaggio di un materiale con peso specifico superiore, e la possibilità di ottenere lo stesso punto di impatto delle A Frame di pari peso.

L’azienda ha curato particolarmente la progettazione, affinchè la superficie di contatto fosse la medesima in entrambe le ogive, e la balistica esterna molto similare fino alle distanze medie di ingaggio del Big Game Hunting. Se vi sembra un risultato da poco, pensate a quale elasticità di impiego possa avere un’arma che può utilizzare indifferentemente queste due ogive col medesimo azzeramento.

Sono indubbiamente destinate a creare una rivoluzione nell’evoluzione, e meritano un approfondimento. Gli dedicheremo un articolo nel prossimo futuro, cercando di capire quanto siano efficaci proprio in questo calibro. Una prova mai fatta prima. Da non perdere.

CONCLUSIONI.

A distanza di un secolo dalla sua nascita, il 9,3×64 Brenneke resta un esperimento molto ben riuscito. Il gioiello del geniale Wilhelm ha ancora oggi una pletora di fedeli seguaci, tutti consapevoli delle potenzialità di questo impianto balistico e costantemente alla ricerca di nuove combinazioni di polveri e ogive che ne esaltino le eclatanti prestazioni. Sebbene sia inevitabilmente avviato sul viale del tramonto, è ancora fonte di ispirazione e base di partenza per nuovi calibri. Nel 1999, Hornady e Steyr lanciarono sul mercato una nuova sorprendente cartuccia, il .376 Steyr: basato sul bossolo del 9,3×64 leggermente accorciato e modificato per accogliere una palla da 9,5mm, questo piccolo portento era destinato ad essere camerato nelle carabine Scout prodotte da Steyr, evoluzione definitiva delle carabine “super Scout” concepite dal brillante Jeff Cooper. L’ogiva in .375 era stata scelta per superare le limitazioni legali imposte da alcuni stati africani, mentre il bossolo accorciato a 60 mm consentiva comunque una balistica eccellente e una vantaggiosa azione corta. Questo binomio arma cartuccia esaltava il concetto di flessibilità espresso da Cooper anni prima. Hornady propone ancora oggi due caricamenti, uno con ogiva da 225 grani e l’altro con ogiva da 270 grani, entrambi basati sulla collaudata Interlock. Steyr, saltuariamente, produce alcuni lotti di armi camerate in questo calibro. Sicuramente questo esperimento, che meritava un successo maggiore, non brilla nel firmamento della balistica venatoria. Alcuni fattori, tra cui la crisi economica mondiale che seguì non molti anni dopo il suo lancio, non hanno aiutato. Resta comunque indubbio il valore del lavoro originario. Se dopo un secolo, il lavoro di Brenneke funziona ancora come base di partenza per nuovi calibri, forse varrebbe la pena riconsiderare la bontà del progetto e spingerla un po’, rivista e adeguata ai tempi.

Un altro figlioccio del nostro calibro, è il moderatamente noto 6,5 Messner. Nato per accorciamento di 1mm e restringimento del colletto, il 6,5Messner è stato il primo magnum di lingua Francese, nato nel 1996 per mano dell’alsaziano Joseph Messner. Buono su quasi tutta la selvaggina maggiore europea e su parte di quella africana, rappresenta un ottimo esempio di come un Wildcat possa diventare un calibro riconosciuto e validato a norme CIP.

Altri WildCats più o meno noti sono il 8,5×64, ideato da Lutz Moller per utilizzare ogive in .338, e il meno noto 8×64 Mazon, inventato da Alvaro Mazon.

Esiste anche un Wildcat con palla in calibro .30, il semisconosciuto .30 Hembrook Long. Questi calibri, spesso puri esercizi stilistici, non sono e non saranno mai destinati a produzioni in grandi serie, ma sono comunque interessanti esperimenti che meritano ammirazione.

Con un notevole colpo di scena, nel 2009 l’esercito russo ha annunciato di aver adottato il 9,3×64 Brenneke come munizione anti materiale. Camerata nel notevole Dragunov, viene impiegata principalmente per fronteggiare blindature leggere e mettere gli Sniper russi in condizioni di rendere inutilizzabili veicoli fino a 600 metri, disponendo di una palla FMJ con penetratore in acciaio da 256 grani. Come noto, il Dragunov è un’arma da Sniping semiautomatica: Il semplice fatto che una munizione così potente nata oltre un secolo fa sia utilizzabile in un’arma del genere, con meccanica semplice ed estremamente affidabile, è l’ennesima conferma della genialità del design. Cartuccia corta, ma potentissima, trova nuova giovinezza in un impiego per cui non fu mai concepita, quello militare. La versione civile del Dragunov, il Tigr, è disponibile anche in 9,3×64.

Il Glorioso cammino del 9,3×64 Brenneke non è ancora terminato. Se le aziende continueranno a credere in questo progetto ormai secolare, sfornando nuove ogive in grado di renderlo apprezzabile e utilizzabile dai cacciatori odierni, vedremo ancora risplendere questa stella. Come utilizzatore e appassionato non posso che rimarcare ancora la versatilità dell’impianto balistico, e la estrema precisione e potenza che si possono raggiungere con la ricarica e una buona pratica in poligono.

Se girovagando per armerie trovaste una carabina in questo spettacolare calibro, provate a prenderla in mano, ad annusare i legni e apprezzarne le linee. Sentirete forse odore di avventura, di terre lontane nel tempo e nei luoghi. Provate a immaginare quante ne abbia viste quel ferro. Se ne resterete affascinati fatela vostra.

Avrete un tesoro in rastrelliera.

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